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Per poter utilmente approfittare di questo libretto il lettore dovrà armarsi di pazienza e superare alcuni ostacoli preliminari. In primo luogo occorre non farsi impressionare da uno stile involuto, spesso cosparso di citazioni incongrue. I dati raccolti sono senza dubbio interessanti anche se il commento è a volte oracolare. In secondo luogo non bisogna farsi scoraggiare dal tono moralistico. Anche se si fa ricorso a formule assai vulgate dalla stampa sensazionalistica, come quella del "declino italiano", non ci troviamo di fronte a un esempio di giornalismo deteriore, bensì a un lodevole tentativo di analisi sociale che tenta di colmare una lacuna di conoscenza. L'analisi conferma alcune impressioni che sono nella coscienza comune. Le élite italiane non sono particolarmente internazionalizzate e la loro età media non è certo bassa. Tuttavia l'esame dei dati specifici riserva qualche gradevole sorpresa. La internazionalizzazione delle élite è infatti in crescita. Analogamente la gerontocrazia alligna di meno nel mondo politico di quanto non avvenga in altri settori chiave (scienza, amministrazione, imprenditoria), a dimostrazione che la fine della prima repubblica ha consentito, bene o male, un certo rinnovamento. Il quadro complessivo è quello di un paese senza reali egemonie, fatto che può portare a un benefico bilanciamento o a chiusure corporative. Le conclusioni non sono asettiche e il volume termina con un'esortazione virtuosa. Per sconfiggere il pericolo del corporativismo si invoca una riforma della politica che però, ed è qui lo scarto rispetto al moralismo di partenza, non sia solo civica, ma anche costituzionale. Al di là del merito, poi, il volume si raccomanda come un repertorio di informazioni che può portare un serio contributo di conoscenza empirica al dibattito pubblico. Maurizio Griffo
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