Il terzo manoscritto: aggiunte e pasquini nell'istoria La vera chicca della III parte della cronaca della Historia del Castaldo con le aggiunge dell'Anonimo copista è sicuramente una figura sconosciuta agli storici che d'improvviso si intrufola nel Tribunale della Vicaria e gestisce alcuni casi penali in maniera autonoma sotto gli occhi increduli di cancellieri, giudici e reggente. È Ugedo, figlio «insano» di Filippo II, prossimo erede di Carlo V Imperatore, che la storiografia scorge lontano da Napoli, ma che in realtà le cronache di questo fantastico diario lo pongono fra i protagonisti della vita giudiziaria della capitale del Regno. Segue un'altra figura eccezionale, che già conosciamo, del fluido Principe di Salerno, il quale, con la sua modernità alla francese sfida tutto e tutti, raggirando anche i più scettici col «falso» parto della Principessa Isabella, per evitare la confisca dei beni ereditari. Sanseverino arriva a farsi beffa del Viceré, ma la coppia più amata del Regno pagherà con la vita l'essere stata ricca, felice e ammirata dal popolo, proprio per invidia di Toledo, non solo aggrappato al potere, ma sempre più spietato e vendicativo. L'attentato, la fuga, l'esilio, i dispetti: sono descrizioni che solo chi aveva vissuto da protagonista poteva fare all'abile scrittore che ce le tramanda, arrivando a descrivere il suo padrone alla corte dei nemici. E' un Sanseverino leggiadro, quasi di facili costumi ma anche dalla brillante intelligenza, pronto a sfidare Viceré e Imperatore, a stringersi alla corte del Re di Francia, a seguire il Solimano fino a Costantinopoli, e a dormire a lungo nell'harem del Gran Turco. Don Pedro sarà spietato nei suoi riguardi, volgendogli contro l'esercito per catturarlo, i giudici per la confisca dei beni e lo stesso popolo, facendolo dichiarare disertore e fuggitivo, traditore, lascivo e bisessuale. Ma anche il Viceré deve fare i conti con il fine vita, dopo una esistenza nel lusso e nel comando, perdendo senno e dignità al solo pensiero di essere stato mandato, dal suo Imperatore, a combattere Siena, benché malaticcio e innamorato. Torna Firenze nella storia di Napoli, con altre pagine di cronaca sulla Duchessa e su Pietro Strozzi, mentre «l'inconsapevole» Principe di Salerno, sulla via del tramonto anch'egli, ha aperto ormai le porte dei suoi ex stati all'invasore Turco. Lo sbarco del Pascià avviene a Massa e Sorrento, e lo stazionamento a Procida, mentre Carlo V saluta questo mondo e il figlio Filippo II che succede a Re di Napoli. Una sequela di Viceré e luogotenenti si fa strada sul trono, dove Ugeda, figlio storpio del nuovo sovrano, legalizza una «banale» tangente per favorire un vecchio procidano che lo intenerisce. È l'ultimo atto di questa terza parte dell'Historia che si conclude con un profilo sui governatori della Città, pronti a far applicare le prammatiche della giustizia. Non parlano più di «inquisizione», ma la parola d'ordine resta l'«eresia», quella che vede cadere molte teste, una dopo l'altra, mentre la Vicaria si fa bella con la stanza della Tortura e la stanza della Rota. Sabato Cuttrera
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