L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
IBS.it, l'altro eCommerce
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +10 punti
Tutti i formati ed edizioni
Anno edizione: 2016
Anno edizione:
Promo attive (0)
E' un libro sullo sport, sul ruolo che lo sport ha sempre avuto fin dai tempi dei greci. Sviscerato in diversi argomenti, molto interessante.
Recensioni
Daniele Marchesini si dedica da tempo allo sport, analizzandolo sia da un punto di vista sociale sia culturale. Quest’ultima opera ha, fra i molti pregi, quello di una scrittura fluida, in grado di coinvolgere accaniti sportivi e non, sedotti da un linguaggio asciutto, dietro il quale traspare una competenza preziosa. L’argomento viene trattato fin dalle origini delle civiltà greca e latina, e il diverso atteggiamento delle due società nei confronti dell’agonismo, ne racconta, in qualche modo, la struttura sociale. “Così, mentre in Grecia le feste atletiche sono gare vere, che valgono per il premio simbolico o materiale che rappresentano, perché all’esercizio fisico si riconosce un importante valore educativo, a Roma risultano ludi, divertimenti, esibizioni più che competizioni.
L’atleta diventa una chiave di lettura di molteplici aspetti sociali. Si parte analizzando l’aspetto eroico, da semidio della mitologia greca, di cui sono ammantati i campioni delle varie discipline e di cui il pubblico pare aver sempre bisogno. Si prosegue con l’esame del contesto, dell’ambito in cui l’evento si svolge. Ed è chiaro perché, in quest’ottica, Jesse Owens, nero d’Alabama, quattro volte medaglia d’oro alle Olimpiadi di Berlino del 1936, in piena esaltazione della razza ariana, sia scolpito in una memoria condivisa, tramandata, sociale quasi, più di qualsiasi altro atleta suo contemporaneo. Un eroe molto “normale” è Livio Berruti, medaglia d’oro nei 200 alle Olimpiadi di Roma del 1960. Personaggio lontano dai cliché di rivincita e riscatto sociale, ma emblema di una nazione che in quegli anni correva in un vortice d’ottimismo, verso il miracolo economico. E c’è il corpo, che dopo secoli di mortificazione al principio del XIX secolo, torna ad affermare la sua presenza e i propri diritti, celebrati nelle lettere da Leopardi, Darwin per la scienza e persino dalla chiesa che scopre, nelle partite di calcio degli oratori ispirati da don Bosco e padre Semeria, un’occasione di aggregazione e formazione non solo dottrinale. L’epica del ciclismo è raccontata con la giusta enfasi, così come la solitudine, dice l’autore, del maratoneta. Si attraversano ring e spogliatoi per conoscere da vicino i protagonisti della noble art e capire perché la boxe abbia esercitato ed eserciti il suo fascino romantico. (…) Lo sport è occasione di riflessione su regimi totalitari che non ammettono défaillance ad opera dei loro atleti e questo vale per le Olimpiadi di Berlino del 1936, per Primo Carnera che celebra la muscolosità del fascismo a Roma nel 1933 o per le Spartachiadi dell’Unione Sovietica nel 1928. E la mente non può evitare di correre alle recenti olimpiadi e alle squalifiche per doping di intere delegazioni, a dimostrazione che le medaglie sono ancora un simbolo di forza.
Recensione di Simona Baldelli
L'articolo è stato aggiunto al carrello
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore