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Essere e tempo non è solo il libro cui si deve principalmente la fama di Martin Heidegger, maestro dell'esistenzialismo, ma è soprattutto una delle opere più importanti della filosofia del Novecento.
Testo complesso e radicale – qui proposto in una traduzione innovativa che ne restituisce tutta la complessità e radicalità –, Essere e tempo (1927) non è solo il libro cui si deve principalmente la fama di Martin Heidegger, maestro dell'esistenzialismo, ma è soprattutto una delle opere più importanti della filosofia del Novecento: si propone infatti una reimpostazione di tutta la ricerca filosofica, dalla nascita stessa della filosofia fino al tempo presente. Essa intende risvegliare la comprensione di quel problema del senso dell'essere che, dopo i suoi esordi nella Grecia classica, ha finito per oscurarsi nella storia della metafisica a causa del primato implicito assegnato a una sola dimensione temporale, quella della presenza. Poiché la domanda sull'essere è tipica dell'uomo e solo l'uomo se la pone, si tratta per Heidegger di analizzare in primo luogo l'"esserci" dell'uomo, con l'effetto di approdare a una riconcettualizzazione dell'intero lessico ereditato dalla tradizione filosofica, da Platone a Hegel.
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........una specie di santone molto erudito, furbo e con l'ambizione di creare una nuova religione? Il dubbio mi è venuto dopo aver letto la sua biografia e decine di commenti a video di professori e studiosi di filosofia che provano a spiegare cos'abbia davvero detto. Naturalmente ho tentato di leggere l'opera, ma dopo poche decine di pagine ho alzato bandiera bianca.
"Essere e tempo" é, probabilmente, la più importante opera filosofica del '900. Frutto di un'attenta critica al maestro Husserl, il saggio risente di quattro influenze principali: il carattere problematico dell'esistenza ricercato da Kierkegaard, lo storicismo e la distinzione epistemologica di Dilthey fra scienze dello spirito e scienze della natura, il nichilismo e la critica alla metafisica di Nietzsche, la fenomenologia stessa di Husserl, accusata, nonostante l'epoché, di non essersi liberata della psicologismo. Per Heidegger l'attenzione dev'essere posta più all'essere che all'essenza del fenomeno.Ma che cos'è l'essere? Come la sostanza di Aristotele è ciò che può essere usato con più significati, anche se tra essi ne viene analizzato uno prioritario e stabilita una distinzione fra ciò che si cerca,l'essere, colui che si interroga, l'ente-uomo o essere-qui (Dasein), e ciò che si ricerca, ovvero il senso medesimo dell'essere. Altra domanda che si pone il filosofo é: il tempo appartiene al senso dell'essere? L'essere qui o esserci, dice Heidegger, è un "lasciare vedere qualcosa in se stesso" (Lògos)che appartiene all'esser-ci il quale può avere una vita autentica o inautentica nel suo stare con gli altri: può uniformarsi ad essi in un "si" impersonale, frutto della moderna civiltà tecnologica, o comprendersi come pura possibilità, sentendosi situato cioè "gettato" nel mondo e articolandosi perciò in un discorso. L'opera manca perciò, volutamente, di una vera conclusione: l'esser-ci non potrà mai considerarsi come un ente compiuto, ma come poter essere, immerso non nel tempo, che non viene spiegato, bensì nella temporalità. Il libro è dominato da una scrittura enigmatica, a tratti ambigua e risente di due elementi fondanti dell'"età della crisi": il peso della colpa per l'inautenticità e il senso cupo e cieco del destino, elemento quest'ultimo che, probabilmente, orientò in modo irrazionale il filosofo verso un'iniziale adesione alla necrofila dottrina nazista.
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