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Anno edizione: 2017
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Si passa in rassegna alcune opere del Malaparte, guardando alle particolari modalità estetiche da Egli cesellate nel contesto di una auspicata rinascita del senso dello Stato, il quale implicava la possibilità del rinnovamento delle potenzialità morali e intellettuali di un “uomo nuovo” (R.Serra). Si vedano, tra altrI: Viva Caporetto! I santi maledetti 1921: Maledetti toscani 1956; Tecnica del copo di Stato 1931; Le nozze degli eunuchi 1922; Italia barbara 1925; (tutto è possibile e giusto in Italia, specie in provincia); Sangue 1937 ; Kaputt 1944 nel "rovesciamento della tematica del Sublime (da forma di coscienza elevata a situazione di degradata consapevolezza dell’abiezione) mescolando con forti tinte di orrore e di raccapriccio, la loro maggiore cifra stilistica" la "dimostrazione dell’esistenza del Male come categoria ontologia della soggettività umana e della non-redimibilità del suo presente, come forma rappresentativa vibrante e ostinata non tanto della sua “banalità” quanto della sua insopprimibilità, della sua perduranza attraverso epoche e azioni; La pelle; Arcitaliano 1928. Conclude l'A: la poesia costituiva, nella sua personale prospettiva estetica, un momento fondamentale per la costruzione della poetica che costituirà il suo punto di riferimento anche per la scrittura narrativa e le sue opere maggiori. La poesia è frutto di occasioni fortuite, è invenzione del caso, è mallarmeamente l’hazard che appre le porte al gesto capace di produrla. La poesia esiste in natura, “allo stato di grazia”, e non ‘è bisogno di inventarla per essere tale. La poesia osserva Malaparte è «il luogo geometrico di tutti i punti equidistanti dalla natura, dalla realtà, dal senso. Direi anche dall’intelligenza, dalla coscienza, dal sentimento (..) dove c’è poesia non c’è Stato; non c’è altro che poesia» . La poesia come esperienza di un nuovo e comune linguaggio dell’arte, un tentativo di originalità assoluta nella scrittura in nome di una lingua rinnovata e ritrovata.
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