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ROMANO, LALLA, L'eterno presente
ROMANO, LALLA, In vacanza con il buon samaritano
recensione di Bo, R., L'Indice 1998, n. 4
In questo inizio d'anno Lalla Romano si concede ai suoi lettori con un duplice approdo in libreria - un nuovo, breve romanzo e un più corposo autoritratto, concepito sotto forma di serrato colloquio con Antonio Ria, personaggio di "In vacanza con il buon samaritano" e curatore negli anni trascorsi della pubblicazione di numerosi testi della scrittrice e di volumi a lei dedicati. Nella loro intima contiguità, queste opere offrono l'immagine di un'autrice, di una persona, profondamente occupata a fare i conti con il Tempo. Nell'affrontare il libro-conversazione di Lalla Romano, si è affascinati dalla sensazione di poter seguire il percorso esistenziale di chi ha compreso la bellezza e insieme la paradossalità dell'esistenza umana, la necessità di "rivendicarsi a se stessi", di appropriarsi della propria essenza in quanto calata nel tempo vitale che ci viene concesso: considerando che ciò che resta dietro di noi è oblio e notte e silenzio se non l'abbiamo fatto nostro nell'"hic et nunc", e che non è lecito vivere accampando pretese sull'aldilà, ipotizzando ricompense o punizioni finali.
Nell'"Eterno presente" il tempo si fa dunque argomento: sull'orizzonte di una privatissima assiologia le due direttrici della sincronia e della diacronia dialogano continuamente, a volte annullandosi e dando luogo all'impressione di un'eternità in cui tutto si corrisponde, a volte alternandosi per consentire al lettore di penetrare più da vicino l'evoluzione del complesso mondo interiore di una persona alla quale il destino ha concesso di attraversare un arco di tempo assai consistente, e che ha saputo viverlo con grande coerenza emotiva e intellettuale. Ciò che sorprende in questa lunga intervista-confessione, nel corso della quale si ragiona su temi di carattere universale (l'arte, la religione, la poesia, l'amore, l'amicizia), senza peraltro disdegnare aspetti più intimi o quotidiani, come il cibo, i soldi, i viaggi, la moda, è quel misto di durezza e tenerezza che tutto pervade e che in un certo senso costituisce una delle cifre più caratteristiche dell'artista di cui sono espressione. Si legge infatti, nel capitolo intitolato "La morale, i sentimenti": "Soltanto le persone che sono capaci di durezza, sono capaci di tenerezza. Gli altri sono molli. Perciò non è tenerezza, è mollezza". Di certo Lalla Romano non conosce questa "mollezza": è spesso determinata, quasi intransigente (o meglio: "intollerante", come ogni individuo dedito all'arte in fondo deve essere) nei suoi giudizi, ma altrettanto di frequente la si scopre capace di vera dolcezza nei confronti di circostanze e persone a lei più o meno prossime: non solo, quindi, nei riguardi di quella folla di amici, viventi e non, che si affaccia con piacevole vivacità in queste pagine, ma anche di creature ed eventi appena sfiorati.
"In vacanza con il buon samaritano" assume invece la dimensione temporale come categoria narrativa dominante: sullo sfondo di uno spazio condiviso (la città di Bordighera, con i suoi alberghi eleganti, il suo mare eloquente, gli ingredienti in fondo tipici di una Liguria che si dimostra per i nostri scrittori inesauribile serbatoio poetico) si avvicendano, con un montaggio alternato quasi cinematografico, le vicende della stessa Lalla, villeggiante insieme ad Antonio Ria, e quelle di un amatissimo zio materno della scrittrice, insegnante lui pure: Alessio Peano, uomo dagli "occhi ardenti, il viso magro da arabo"; "morto giovane per un male spaventoso di cui si faceva gran mistero". Va ancora sottolineato che anche nel parallelo svolgersi di queste esistenze, ricucite attraverso immagini, testimonianze, fatti quotidiani e risvolti artistici, il Tempo torna a essere materia di inesauribile riflessione: strumento conoscitivo, tanto che apprendiamo come l'autrice ammetta di aver mutato, nel corso degli anni, il proprio punto di vista sulla storia.
"La leggevo come un presente immobile. Adesso la considero invece 'nel tempo'. Il senso della vita - scrive infatti Lalla Romano - si compie, per ognuno, nel tempo che ci è stato dato". Il romanzo, in cui il succedersi di passato e presente possiede il ritmo naturale e dialogico delle onde marine, così come auspica la scrittrice ("Vorrei che il mio romanzo avesse il rumore del mare"), va dunque compreso all'interno di questa prospettiva, e la scrittura biografica che lo caratterizza viene ulteriormente trasfigurata dal significato della parabola evangelica cui allude il titolo del volume: quella del buon samaritano, citata integralmente nel testo e di cui l'autrice sottolinea la profonda ironia, la portata rivoluzionaria così come l'intensa affettività che contraddistingue alcuni dei personaggi che agiscono sulla scena.
Ironia, capacità di donarsi, amore come gratuità e "mutuo soccorso", rincorrersi e liquefarsi del tempo, unitamente a una certa tendenza al discorso gnomico, si propongono come denominatori comuni di entrambi i volumi, destinati a dialogare fittamente tra loro, come suggerito anche dall'ideale corrispondenza fra le prime battute del romanzo (Carlo Ossola all'autrice: "Felice te, che hai potuto raccontare tutto!"; replica di Lalla: "Oh no"! I momenti più preziosi li ho tenuti in serbo, e forse per sempre!") e quella finale, lapidaria e liberatoria dell'"Eterno presente": "Ho detto tutto".
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