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Anno edizione: 2011
Anno edizione: 2014
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Conosciamo l'intellettuale "civile" Eugenio Garen e il suo indubbio spessore culturale. I suoi riferimenti di studio sono tanti, ricordiamo Kant, Gentile (anche se qui l'A. lo mette "contro" Garin a pag.71 o "distante" pagg.79 e 114-115, pur asserendo che senza Marx e Gentile il primato della praxis in italia non avrebbe potuto dispiegarsi pag.129), poi "il terreno comune" con Gramsci (nei termini di una metanoia), non senza ricordare la sua grandissima passione e studio sul Rinascimento e sull'Umanesimo italiano. Per non dire poi la storia della filosofia (come sapere storico), la distinzione tra storia e storiografia, il rapporto tra politica e cultura, il rapporto e l'intreccio tra passi e teoria. Garin respinge una "visione del processo storico come moto de claritate in claritatem" e rigetta pure "l'ideologia del progresso". Un bel libro su Garin.
Ciliberto ricostruisce il percorso intellettuale di un grande del Novecento italiano. Si sente la devozione dell'allievo, si apprezza la ricchezza della documentazione e la chiarezza con cui certi nessi del pensiero di Garin (per esempio il rapporto fra la sua visione dell'umanesimo e la sua "adesione" a Gramsci e al marxismo militante, almeno per un tratto della sua vita). Colpiscono per intelligenza certe prese di posizione storico-politiche di Garin circa l'Italia repubblicana e il rapporto fra cultura e politica: intuizioni ancora oggi valide , forse anche con maggiore urgenza, per quel piano etico dell'azione su cui Garin insistette per tutta la vita. Leggere di Garin, Luporini, Rossi, Cantimori alimenta il rimpianto di quelli che giganti del genere non li hanno potuti ascoltare e si sono dovuti accontentare dei nani.
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