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Evelina e le fate
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Evelina e le fate - Simona Baldelli - copertina
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Evelina e le fate
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Evelina e le fate

Descrizione


Vincitore del Premio Letterario John Fante 2013

La narrazione si apre con una scena memorabile, l'arrivo degli sfollati: a Evelina pare che dalla neve stiano uscendo le anime dei morti. La bambina vede due fate: la Nera, dai tratti cupi, e la Scepa, la fata allegra, colorata, con una veste a fiori, che ride sempre. Nei dintorni del casolare girano i partigiani: il loro capo, il Toscano, ottiene dal padre di Evelina, che con loro simpatizza, del cibo. Evelina e i suoi fratelli Sergio e Maria trovano il cadavere di un tedesco ammazzato dai partigiani: la Nera li fa scappare in tempo, e li spinge a nascondersi, pochi attimi prima dell'arrivo dei tedeschi. In un succedersi incalzante di colpi di scena, sulle colline attraversate dalla linea gotica alle spalle di Pesaro, in attesa dell'arrivo degli Alleati, trascorre l'ultimo anno della Seconda guerra mondiale filtrato dallo sguardo magico dell'infanzia, e travolge tutta la famiglia di Evelina, padre e madre molto malata, i fratelli, e il segreto di una bambina ebrea nascosta sotto una botola dentro la stalla. Realtà e magia si mescolano e si intrecciano, facendo rivivere il mondo contadino e quello delle fiabe, l'intrico complesso della guerra civile e di quella mondiale. Lo stile asciutto, arricchito di elementi dialettali, rende il racconto più reale: parole magiche, parole amuleti, filastrocche, che aprono la porta al sogno o alla profezia. E alla comprensione possibile di quello che accade.
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Dettagli

2013
6 marzo 2013
256 p., Brossura
9788809778382

Valutazioni e recensioni

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Martina
Recensioni: 5/5
Super consigliato

è diventato il mio libro preferito. Mi ha fatto commuovere e ridere allo stesso tempo e il fatto che i dialoghi siano scritti in dialetto lo considero uno dei pregi del libro.

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Jezebel
Recensioni: 4/5

La Storia e le storie si intrecciano in questo libro sotto gli occhi di Evelina e dei sui fratelli. Occhi che vedono atrocità assolute e assoluti atti di coraggio e giustizia. Ma la purezza e l'innocenza dei bambini riescono a trasfigurare la realtà e così si può credere che ci sia una principessa nascosta sotto la stalla e che i morti camminino nella notte. Soprattutto si può credere alle fate ( e io ci ho creduto). Per tutto il romanzo Evelina è accompagnata da due fate:la Nera e la Scepa. Più che fate in senso tradizionale io le ho viste come una sorta di numi tutelari della famiglia. Infatti più di una volta Evelina e la sua famiglia se la cavano perchè avvisati del pericolo dalle due, custodi silenziose e accorte. Sia la madre che la nonna dei bambini ne parlano; vogliono assecondare le loro fantasie o le fate esistono veramente? A me piace pensare che sia così. Il romanzo è impreziosito dall'uso del dialetto marchigiano in quasi tutti i dialoghi; personalmente non l'ho trovato troppo difficile da capire.

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Towandaaa
Recensioni: 3/5

Trasfigurate attraverso gli occhi di una bambina, anche le storie di crudeltà, miseria, generosità, delazioni e paura che la guerra porta sempre con sé appaiono pur sempre aspre ma un po’ più ovattate, e la presenza di fate, il ricorso a spiegazioni fantasiose che la piccola protagonista crea o accetta, lungi dal minare la credibilità di quanto narrato, la esaltano se interpretate come futili ma apparentemente uniche vie di fuga rispetto a un presente inaccettabile. Mi è piaciuto dunque il “taglio” dato al racconto, ma non molto il linguaggio usato: il dialetto marchigiano mi è apparso piuttosto ostico (molto più del siciliano di Camilleri, ripensandolo nel momento in cui l’ho letto per la prima volta), e spesso, invece di dare un colorito più spontaneo ai dialoghi, mi è sembrato che facesse da zavorra al procedere della storia, che rallentasse oltre misura il ritmo scandito dall’alternarsi di piccoli quadretti familiari e rurali (quasi come se non ci fosse la guerra) e di episodi in cui a dominare sono le brutture che le vicende belliche portano sempre con sé. E riconosco che probabilmente, parte della mia opinione negativa sul linguaggio usato deriva direttamente dalla nota iniziale: a che scopo dichiarare che il dialetto riprodotto non è reale ma solo frutto di una ricostruzione volta a creare un (mi si passi il termine) esperanto marchigiano-romagnolo, e contrapporre tale dichiarata irrealtà alla realtà dei personaggi e dei fatti narrati (aggiungendo la precisazione “fate incluse”) ? A mio avviso, questa nota ha ottenuto l’effetto contrario a quello che si prefiggeva e ha inficiato, e non poco, il tocco di magia, di fiaba, di ingenuità infantile su cui il romanzo avrebbe potuto contare per distinguersi un po’ (se in meglio o in peggio dipende dai gusti) nell’ingente mole di romanzi che vertono sugli stessi temi.

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Simona Baldelli

0, Pesaro

Simona Baldelli è nata a Pesaro e vive a Roma. Evelina e le fate (Giunti 2013) è il suo primo romanzo, finalista al Premio Calvino 2012 e vincitore del Premio Letterario John Fante 2013. Tra gli altri suoi libri ricordiamo Il tempo bambino (Giunti 2014), La vita a rovescio (Giunti 2016), È facile vivere bene nelle Marche se sai cosa fare (Newton Compton 2016), L'ultimo spartito di Rossini (Piemme 2018). Nel 2023 esce per Sellerio Il pozzo delle bambole, con cui Simona Baldelli vince il Premio letterario nazionale per la donna scrittrice.

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