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Anno edizione: 2016
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Fantasma, l’ultimo libro di David Peace, è una raccolta di racconti cuciti tra loro con un filo di seta giapponese. Il titolo, spiega l’editor e traduttore dell’opera, Matteo Battarra, nasce da una suggestione di Giuseppe Genna. Il fantasma è quello di Akutagawa Ryunosuke e l’idea è che, come uno spettro, Akutagawa attraversi tutta una serie di fasi del Giappone moderno. Dopo i due romanzi della trilogia di Tokyo, per i fedeli lettori di Peace arrivano adesso le sue meditazioni su Akutagawa, uno dei maggiori scrittori giapponesi, morto suicida all’età di 35 anni nel 1927.
(…) Il primo racconto di Fantasma, intitolato Dopo il filo, prima del filo, è la riscrittura della storia Il filo di ragno, una delle favole più note e meglio riuscite di Akutagawa, che a sua volta aveva tratto ispirazione da Dostoevskij. Lo scrittore di Tokyo, che aveva studiato letteratura inglese all’università, era convinto che l’arte letteraria dovesse avere una misura universale e potesse fondere le culture dell’oriente e dell’occidente. Spesso Akutagawa usava come fonte di ispirazione opere di diversa provenienza geografica. Come in un gioco di specchi nelle sue storie si riflettono influenze cinesi, russe, inglesi, francesi, oltre che del Giappone, e a loro volta le storie diventano un suo riflesso nell’opera altrui, in un susseguirsi infinito di idee che si rincorrono, rimbalzano e ritornano, da una sponda all’altra della letteratura. Appassionato e tormentato al tempo stesso, farà chiedere a uno dei suoi personaggi (uno scrittore denominato A., di cui è facile indovinare l’identità): “Non c’è nessuno disposto a strangolarmi nel sonno?”.
E in assenza dell’agognato strangolatore, l’autore di Rashomon, ormai afflitto da uno stato di acuta sofferenza interiore, ricorrerà a una dose letale di barbiturici, morendo per overdose a soli trentacinque anni e compiendo in qualche modo quella sconfitta evocata nel saggio con cui Peace chiude la raccolta, intitolato appunto La letteratura della sconfitta, in cui riporta tra le altre cose le ultime parole dello scrittore giapponese, tratte dal suo messaggio di addio: “So soltanto che la natura non mi è mai apparsa così bella (...). Riderai di questa contraddizione tra amore per la bellezza della natura e desiderio di morte. Ma la natura mi appare così splendida proprio perché sono gli estremi sguardi che le rivolgo”.
Recensione di Tiziana Merani
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