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Anno edizione: 2021
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Questa storia ha quattro protagonisti: lo storico Federico Chabod, il giurista Piero Calamandrei, il critico letterario Luigi Russo e lo scrittore Alberto Moravia. Quattro grandi intellettuali che, noti antifascisti nel dopoguerra, mantennero durante il fascismo un atteggiamento perlopiù di cautela e inazione politica, talora con cedimenti rispetto alla collaborazione al regime.
«Condotto dallo storico con mano sicura, il volume non appare mosso da rozzo intento demolitorio o scandalistico, ma mostra in modo argomentato le contraddizioni in cui cadde la parte migliore della nostra coscienza culturale che comunque nel dopoguerra – pur tra esitazioni e rimozioni – fu capace di fornire una lettura acuta del ventennio nero.» - Simonetta Fiori, Robinson
«Il libro di Sullam indaga le trasformazioni, le azioni e le inazioni di quattro protagonisti della cultura italiana tra fascismo e dopoguerra e su come fecero i conti con il passato del Ventennio: Federico Chabod, Piero Calamandrei, Luigi Russo e Alberto Moravia» - Stenio Solinas, il Giornale
Nell'immediato dopoguerra essi tesero invece a ridefinire e riscrivere il proprio precedente percorso rappresentandolo sempre coerentemente improntato all'antifascismo. Se l'intellettuale viene solitamente immaginato come anticonformista e critico del potere, in realtà tende spesso ad adeguarsi alla maggioranza e a esprimerne gli orientamenti. Contano i condizionamenti politici e istituzionali, per esempio del sistema universitario, o delle istituzioni culturali in cui operano; conta l'esigenza di affermarsi sul piano culturale o artistico. Conta, in ogni tempo, anche la tendenza dell'intellettuale a dar voce e interpretare i sentimenti della maggioranza e talora cedere al potere. L'autoassoluzione degli intellettuali italiani rispetto alla propria implicazione con il fascismo ha tuttavia contribuito a deresponsabilizzare e scagionare l'intera società italiana rispetto alle proprie responsabilità nei confronti della dittatura.
Il mancato esame di coscienza della nazione per le nefandezze del fascismo passò anche dall'opportunismo, prima, e dai ridimensionamenti, poi, che gli intellettuali dichiararono circa il loro ruolo negli anni del regime. L'autobiografia della nazione è insomma un clamoroso, collettivo falso: una versione edulcorata di una miriade di piccole, talora mediocri, se non proprio meschine, responsabilità, che prima contribuirono a tirare il sasso e poi a nascondere la mano. Da qui, sembra dire Sullam fra una riga e un'altra, certe inspiegabili indulgenze ancora oggi presenti, in ritorni camaleontici, insidiosi e assai pericolosi di "fantasmi" duri a dissolversi. Ah, dimenticavo: professor Sullam, Kafka morì nel 1924, non nel 1925 (pag. 24). Magari corregge la svista nell'edizione tascabile.
Tre grandi accademici divenuti figure simboliche dell'antifascismo, Federico Chabod, Luigi Russo e Piero Calamandrei, rivisitati nel periodo in cui costruirono la loro fama e la loro fortuna di studiosi nei rispettivi campi, cioè nel ventennio fascista; uno scrittore, Sergio Moravia, più giovane dei primi, ma affermatosi nello stesso periodo. A ciascuno di loro Sullam dedica un'analisi attenta e puntuale per metterne in luce gli inevitabili compromessi e contatti col regime, con le sue figure cardinali nel campo intellettuale (Gentile e Volpe in primis) e con le grandi istituzioni, quali l'Enciclopedia Italiana Treccani, l'università, il ministero della Cultura (il famigerato MinCulPop) e i vari esponenti del regime che lo guidarono, quali De Vecchi o Bottai, passando per la cruna dolorosa del giuramento del 31. Inevitabilmente, tali precedenti finirono per costituire, almeno per i primi tre, un motivo di crescente disagio interiore, di pentimento, talvolta di vergogna, nel passaggio alla repubblica: rovello interiore che li spinse ad assumere posizioni di netta rottura col passato. Solo uno di loro però, il valdostano Chabod- forse il massimo storico della sua generazione- seppe trasformarsi in partigiano (col significativo nome di battaglia di Lazzaro). A questo passaggio fra la prima e la seconda vita, con le sue ambiguità intellettuali, si dedica Sullam in una disamina meticolosa. Di Moravia, l'autore esamina più che altro la posizione politica e morale nei confronti dei suoi famosi cugini Rosselli, ai quali non lesina critiche per il loro impegno politico considerato ingenuo e ottocentesco, con un atteggiamento cinico e disincantato, salvo poi rammaricarsene a tragedia avvenuta e a regime mutato. Il suo primo romanzo, Gli indifferenti, rappresenta appunto il tema dell'ambiguo consenso borghese al fascismo, sentimento in cui egli si riconosce. Opera interessante e smitizzante questa di Sullam, con l'unico difetto del taglio troppo accademico.
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