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Anno edizione: 2014
Anno edizione: 2013
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Libro diviso in due parti nella prima l'autrice fa parlare le vittime che "ironizzano" sulla loro sorte; la seconda parte è invece un excursus giuridico delle leggi inerenti le donne in vari Stati. Sicuramente un libro "purtroppo" attuale scritto in modo profondo, che fa pensare e riflettere anche se sicuramente più adatto ad incidere nell'animo nel momento in cui i monologhi sono letti e recitati.
L'autrice riesce a tratteggiare queste storie tragiche con grande agilità e con una dolorosa ironia. E' un'opera che andrebbe fatta leggere nelle scuole; sarebbe estremamente educativo farla leggere a tutti gli uomini...e a tutte le donne.
Ritrovo con gioia l'ottima capacità di scrittura già apprezzata con "Grazie per quella volta". Il libro nasce da un'idea straordinaria, ma per me donna leggere questo libro è stata dura. Lo consiglio soprattutto ad un pubblico maschile, di qualsiasi età.
Recensioni
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Sdoganata sin dai tempi del primo femminismo Novecentesco - ma con molti momenti di consapevolezza antecedenti - la condanna nei confronti dell'omicidio di donne inermi da parte degli uomini che le conoscono e dicono di amarle, è ormai una presa di posizione certa da parte di donne e uomini.
Il fenomeno, definito "femminicidio" - con un termine francamente sgradevole perché sembra quasi riferirsi a un omicidio di genere e dunque meno grave in una scala di valori che metterebbe il "maschicidio" al primo posto -, tuttavia è ben lungi dal dirsi in calo. Esula dal livello culturale e sociale di vittime e assassini (anche se prevalgono violenze e omicidi negli ambienti più disagiati e borderline), e sembra non avere una fine.
Serena Dandini, consapevole di questa realtà, si è rivolta a Maura Misti, ricercatrice del CNR, per tentare di comprendere le radici di questa violenza, perché la conoscenza è il primo passo verso la soluzione di qualsiasi problema.
Ma prima di tutto l'autrice ha voluto dare voce alle vittime.
"E se le vittime potessero parlare?". Ecco da dove nascono i monologhi che insieme creano il grido unico e forte che scaturisce dal volume. "Sono mogli, ex mogli, sorelle, figlie, fidanzate, ex fidanzate che non sono state ai patti".
In televisione ci hanno raccontato le loro storie trasmissioni come “Chi l'ha visto”, “Un giorno in pretura”, “Storie maledette" o "Amore criminale”. Spesso le loro morti vengono iscritte tra quelle imprevedibili, frutto di raptus di follia, e invece tutti sanno che sono l'esito di anni di violenza continua, seguita magari da momenti di riappacificazione illusori.
È la voce di queste vittime quella che ascoltiamo nel libro. A queste donne Serena Dandini ha dato la possibilità di raccontare in prima persona la storia che le vede drammaticamente protagoniste. Ma non hanno un nome, non sono riconoscibili, sono trasfigurate narrativamente, sono simboli.
Anche se "Ogni riferimento a fatti e persone - scrive la Dandini - non è puramente casuale".
La seconda parte del volume è invece una sintesi della situazione globale e dell'incidenza di questo reato nei vari paesi. Dal Pakistan al Messico, dal Giappone alla Cisgiordania. E non si parla solo di morte di donne adulte seppure purtroppo incapaci di difendersi, ma anche di sfruttamento sessuale in giovane età, mutilazioni genitali, infanticidio femminile.
In chiusura qualche - piccola - buona notizia, con un elenco di nazioni che stanno attuando buone leggi e pratiche contro la discriminazione e la violenza che ci auguriamo verranno prese come esempio anche nel nostro Paese.
A cura di Wuz.it
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