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recensione di Pianciola, C., L'Indice 1998, n. 6
Dall'introduzione di Riccardo Massa al libro risulta che la filosofia dell'educazione ha uno statuto incerto e controverso, soprattutto se vuole ritagliarsi, nell'ambito dei discorsi e in quello degli insegnamenti accademici, una propria specificità in un campo di discipline pedagogiche e di scienze dell'educazione piuttosto affollato. Mantegazza, nel quadro di un marxismo criticamente rivisto che deve molto alla prima elaborazione teorica francofortese e al Foucault degli anni sessanta e settanta (mentre non dimostra interesse per gli sviluppi di Apel e di Habermas e nemmeno per il Foucault successivo alla microfisica del potere), prova a tracciarne un profilo attraverso un manuale in cui figure, scuole, posizioni sono, talora in modo molto riassuntivo, talora con maggiore attenzione analitica, incastonate in un discorso di forte impianto teorico. A partire dallo sviluppo della borghesia "l'educazione è quella particolare pratica attraverso la quale gli individui umani sono condotti a pensarsi, concepirsi e agire come soggetti". Nella tradizione filosofica della modernità il soggetto diventa spesso tronfio e metafisico, mentre le pratiche educative sono anche pratiche di "assoggettamento" funzionali a strategie spesso inconsapevoli di potere e di disciplinamento.
La crisi teorica del soggetto classico, che infine perviene al positivo riconoscimento dell'essere i soggetti plurali, dialogicamente costituiti, sessuati, agiti da meccanismi sociali, da un lato; le esperienze storiche traumatiche delle istituzioni totali dall'altro, rendono evidente "il vero oggetto di una teoria della formazione dell'individuo: l'insieme dei dispositivi (...) che possono essere utilizzati dalle pratiche di dominio in virtù della costituzione del soggetto integrato (pratiche disciplinari) o della liquidazione dell'individuo medesimo (campo di concentramento e di sterminio), ma che possono altresì costituire la base per una strategia di ridefinizione dell'individuo che resiste al dominio e che trova in questa categoria di "resistenza" la base per la ridefinizione (...) di una sua identità oppositiva". Acquistano un particolare rilievo le posizioni radicali (da Capitini a don Milani a Paulo Freire, ecc.) che hanno pensato l'educazione come formazione di soggetti che fanno propria l'istanza dell'emancipazione umana e sono, almeno parzialmente, in grado di realizzare quell'autonomia che era l'ideale regolativo della grande tradizione pedagogica.
Queste tesi, che erano già state esposte nel saggio "Teoria critica della formazione. Espropriazione dell'individuo e pedagogia della resistenza" (Unicopli, 1995), qui devono venire a patti con uno sforzo sistematico-manualistico che vuole tenere insieme un mucchio di cose, ben tredici paradigmi filosofici di cui l'autore scevera l'"apporto ineludibile" da recuperare in un'operazione esplicita di contaminazione.
Definire il campo della filosofia dell'educazione, differenziandolo sia dalla dispersione concettuale che sembra essere propria delle scienze dell'educazione, sia dall'ambito epistemologico della pedagogia, è uno dei compiti di questo libro. Una volta definita la filosofia dell'educazione, i suoi oggetti, il suo campo d'indagine, i suoi metodi, si passa all'analisi di una serie di problemi che, dall'Umanesimo in poi, hanno caratterizzato la riflessione filosofica in campo educativo: l'esperienza, la soggettività, i fini, l'ideologia, il potere, l'alterità, l'utopia sono i temi analizzati sub specie educationis alla ricerca di una possibile fondazione filosofica dell'accadere educativo.
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