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In un volumetto bilingue con testo a fronte della collana "Gli Elfi" diretta da Maria Fancelli viene pubblicato uno dei piccoli grandi capolavori della letteratura romantica tedesca. Si tratta di uno degli ultimi racconti di Hoffmann, che già Walter Benjamin considerava fondamentale nel suo anticipare lo smarrimento moderno prodotto dalla grande città e il carattere eminentemente visivo, anzi voyeuristico, della fruizione metropolitana, ben prima della trasformazione epocale rappresentata dall'avvento della fotografia e soprattutto del cinema. Nel suo pregevole saggio introduttivo, Cometa illustra assai bene in cosa consista la novità di questo studio della visione: non a caso, sulla copertina campeggia un fotogramma della Finestra sul cortile di Hitchcock. Il protagonista del racconto, cugino del narratore, è costretto da una malattia all'immobilità e, abitando una casa d'angolo che domina una grande piazza del mercato, trascorre il proprio tempo osservando la folla dalla finestra. Con questi pochi tratti (autobiografici, perché il povero Hoffmann visse gli ultimi mesi semiparalizzato a causa dell'abuso di alcool), l'autore delinea una situazione esemplare: la passione del guardare la gente, indagandone i tratti a caccia di storie, in parte suggerite dall'attenta, quasi maniacale osservazione della realtà, che soltanto il punto di vista di colui che resta al margine permette, storie in parte immaginate e inventate, perché alla cosiddetta realtà oggettiva si sommano le immagini mentali, i ricordi e persino le fantasie dell'osservatore. Nel racconto l'immagine perde così il suo carattere oggettivo e viene interpretata come flusso continuo che dalla realtà va sino alla più sfrenata fantasia. Ma il racconto problematizza uno dei punti decisivi della riflessione romantica: affiancando visione tradizionale prospettica (finestra) e dispositivo ottico (cannocchiale), ossia diversi regimi scopici, evidenzia una Schaulust, un piacere dello sguardo, che è anche connotato sessualmente come passione voyeuristica tipicamente maschile. C'è poi il problema di fissare sulla pagina le immagini conquistate, perché la molteplicità irriducibile della visione non è più riconducibile a una forma narrativa tradizionale. Doppia crisi dunque, da un lato della visione classica, dall'altro del soggetto tradizionale che Hoffmann aveva indagato nella sua opera, sancendo l'insostenibilità di una soglia netta e precisa tra realtà e immaginazione, conscio e inconscio.
Riccardo Morello
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