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A volte il perdono inizia da un seme che finalmente riesce a germogliare…
«Si dice che i suoi steli crescano attorcigliandosi verso sinistra, in senso antiorario. E che i fiori, invece, sboccino ruotando verso destra, in senso orario. Giorno dopo giorno si svolgono e si riavvolgono in una spirale infinita. L'ipomea è una pianta che racchiude in sé una contraddizione perenne.»
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Nel cimitero di Kawatare, il tempo sembra sospeso, come se ogni respiro fosse un sussurro tra i mondi. Il protagonista, Hioki Nagi, è il giovane custode di questo luogo fuori dal tempo. Ma più che un custode, è una sorta di traghettatore dell’anima: accoglie i visitatori con gentilezza, li ascolta senza fretta, li conforta con il tè e la sua presenza silenziosa, mai invadente. Il suo piccolo ufficio, trasformato in una sorta di caffè della memoria, è il cuore pulsante del romanzo: lì si intrecciano le storie di chi è venuto a lasciare un fiore, un pensiero, un rimpianto. E lì sboccia, a volte letteralmente, la possibilità del perdono. Il tema centrale dell’opera è la riconciliazione con il passato. E non in senso astratto, ma attraverso uno stratagemma narrativo tanto semplice quanto potente: il seme dell’ipomea bisesta, un fiore immaginario e simbolico che sboccia solo quando chi lo coltiva è pronto ad affrontare un nodo irrisolto della propria storia. È questa la vera magia del libro: non ci sono incantesimi o sortilegi, ma un profondo realismo emotivo. Il fiore diventa metafora del tempo, della cura, della disponibilità ad accogliere il dolore e a lasciarlo andare. Ogni personaggio che entra nel piccolo mondo di Nagi porta con sé un dolore taciuto, un ricordo che punge come una scheggia nel cuore: la donna che ha dimenticato un dettaglio essenziale della sua infanzia, il ragazzo incapace di dire addio all'amore della sua vita, l’anziano che non ha mai avuto il coraggio di perdonarsi. Queste storie si intrecciano in una narrazione corale, lieve ma densa, che ci ricorda quanto il passato, se non ascoltato, continui a bussare. I profumi del tè, il rumore della pioggia che batte sui tetti del cimitero, il fruscio delle foglie mosse dal vento: ogni descrizione è un invito alla quiete, al raccoglimento, alla riflessione. La lettura è quasi meditativa, un’esperienza intima che chiede al lettore di rallentare e ascoltare. Continua sul blog...
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