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Storia triste di un uomo e di un cane che nulla dalla vita hanno avuto. Ma... Lo stile della scrittura l'ho trovato sincopato, non sono riuscita ad entrare in sintonia con il protagonista, il cane ha un ruolo marginale se non come mezzo di catarsi dell'uomo. Troppo poco coinvolgente per quanto mi riguarda.
È un libro che non consiglierei. Una storia di tristezza e solitudine. Di abbandono e terrore. Un uomo solo con tanti buchi neri nella sua triste vita. Decide di prendere un cane che sarà l'amico che avrebbe sempre voluto avere x emergere dalla sua triste vita. Un libro di sofferenza che a volte purtroppo perde di entusiasmo, dove manca un po di passione e difficilmente sono riuscito ad amare i 2 personaggi.
Ray è un cinquantaseienne solitario che non ama la società, perché non la capisce. Per questo preferisce trascorrere le sue giornate in solitudine dentro la sua casa salmone, l’unico posto in cui si sente al sicuro e dove ha vissuto da sempre insieme al padre ora deceduto. Un giorno però, nel suo solito giro di commissioni, un annuncio lo colpisce. E’ così che decide di adottare Unocchio. Unocchio è uno di quei cani che non ha grosse possibilità di essere adottato. Uscito sfigurato da uno scontro con un tasso ha un solo occhio ed altri evidenti segni della lotta. E’ così che due reietti uniscono le loro solitudini, costruendo un rapporto molto stretto. E’ all’animale che Ray racconta la sua triste e, per certi versi, inquietante storia. Ed è a causa dell’animale, che morde un suo simile, che Ray decide di scappare e girare l’Irlanda in una continua fuga che riporterà a galla tutta l’angoscia che da sempre lo accompagna. Che dire. Intenso. Non riuscirei a definire con altre parole questo libro. Forse solo con un’altra: triste. Perché, secondo me, non si può che definire così questa esistenza solitaria. Fatta di dubbi, di paure e di sensi di colpa. Il rapporto fra uomo ed animale, pur molto forte e che ben conosco non riesce infatti a lenire la mia pena per quest’uomo che non ha saputo trovare un suo posto nel mondo. Ammetto che il libro è scritto molto bene, le descrizioni sono molto precise e non mancano i colpi di scena. A distanza di giorni dal cui in cui l’ho chiuso, ogni qualvolta ci ripenso, un’immensa malinconia mi pervade. E mi faccio un sacco di domande sul perché di questa forte empatia con i protagonisti di questa storia. Tutto ciò però non può che significare una cosa. Questa storia mi ha segnata e coinvolta emotivamente. Ed è esattamente ciò che cerco quando leggo un romanzo.
Recensioni
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Sfogliando una rivista, alla pagina dei libri consigliati, leggo uno strano titolo fiore, frutto, foglia, fango e in copertina vedo la foto di un cane piuttosto bruttino. Decido di prendere qualche informazione e sì, mi interessa. Lo leggo.
Si tratta del libro fiore, frutto, foglia, fango, scritto da Sara Baume, nata nel Lancashire, poi trasferitasi in Irlanda. Dopo aver pubblicato numerosi racconti, questo è il suo romanzo d’esordio.
Il racconto mi coinvolge da subito. Ci sono tanti elementi a me affini: la diversità, i cani, il rapporto dell’uomo con il cane e con la natura.
Pagina dopo pagina, mi accorgo che è proprio come la traduttrice, Ada Arduini, racconta nella sua nota: questo libro “descrive un animale con tanta intensità”. Sara pone grande attenzione e rispetto verso il rapporto uomo-cane, verso Ray, il protagonista. Ray è un uomo che “riversa la propria empatia e il proprio amore per il mondo che lo circonda e che lo ha rifiutato” sull’amico quattro zampe che lo ama nonostante la sua diversità.
Due diversità che si incontrano, si rispettano, si amano. Un libro che ci fa riflettere su quanto gli animali amano l’uomo qualunque sia la sua condizione. Per i cani non conta come sei e come vivi, conta solo quanto affetto sei disposto a offrire.
La storia è quella di uomo, Ray, di 57 anni che vive isolato da tutti nella casa del padre sulla costa irlandese. La sua vita, fatta di piccole routine, come la spesa al market il martedì mattina, viene stravolta bruscamente dall’avviso letto sulla vetrina del negozio: “cercasi proprietario paziente e comprensivo”. Ray d’istinto e senza pensarci troppo, decide di adottare questo cane un po’ indisciplinato. Subito si accorge della sua diversità: al cane manca un occhio. E allora anche il nome è immediato: “Benvenuto a casa, Unocchio, mio buon piccolo cacciatore di ratti”.
La vita scorre più serena. Ora Ray ha un amico fidato sul quale contare. Passa il tempo a raccontare a Unocchio della sua infanzia, della scomparsa misteriosa della madre, della strana morte del padre. L’unico compito di Unocchio è quello di tenere a bada i topi nella soffitta, nella stanza-chiusa-a-chiave dove il padre lavorava al suo hobby: costruire giochi. Stanza chiusa e mai più riaperta da Ray dopo la perdita del genitore.
Tutto procede tranquillamente quando un giorno, sulla spiaggia, Unocchio azzanna un altro cane e la padrona promette di tornare a casa dell’uomo e di far portar via il cane dalla Polizia. Per Ray è la fine. In paese tutti sanno dove vive quell’uomo strano, e lo tengono d’occhio, ma sempre lontano, ai margini.
Ray non può perdere il suo fidato e unico amico Unocchio. Non ha scelta. Deve mettersi in viaggio sulla sua auto, che guida a fatica con quella gamba claudicante che si ritrova. Ma non c’è altra possibilità. Tutti sanno dove abita, anche quella signora sconosciuta.
Inizia così un viaggio verso nessun luogo, solo lontano da casa, evitando i problemi e la Polizia. Ma la relazione con il padre non è conclusa e un giorno Ray si vede costretto a tornare a casa per chiudere i conti col passato.
(…)
Recensione di Sabrina Lorenzoni
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