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Anno edizione: 2019
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Il fiume senza sponde nasce come libro su commissione: fu richiesto a Saer da un editore per una collana di saggi sui fiumi di tutto il mondo. Un incarico che, come dirà lo stesso autore, “aveva smosso in me infinite visioni e possibilità”.
Il libro segue l'andamento delle stagioni australi: si apre in estate e si conclude in primavera.
Il Río de la Plata, protagonista indiscusso di questo "trattato immaginario”, fu scoperto per errore nel 1516 da Juan Díaz de Solís, il quale stava cercando in realtà un passaggio per le Indie a sud della provincia di Tierra Firme.
Saer è originario di Serodino, una colonia italiana fondata nel 1886 in pieno boom dell’immigrazione, dove suo padre aveva un emporio.
Secondo Saer, la toponomastica rappresenta “la prima costellazione verbale che si dispiega sulla superficie tormentata dell’universo”, così in questo libro sono raccontate le origini di molti nomi di luoghi pieni di fascino: “pampa”, “Patagonia”, “Buenos Aires”...
«Saer compone un pezzo del puzzle argentino, utilizzando come filo rosso proprio la lingua, giocando su onomastica e toponomastica e mettendo a nudo le contraddizioni insite nella stessa etimologia di toponimi quali Argentina e Río de la Plata, parole che rievocano l'argento ambito ma mai trovato dai conquistadores» - Marco Ostoni, la Lettura
È il Río de la Plata il protagonista di questo "Trattato immaginario", un gigantesco corso d'acqua formato dalla confluenza dei fiumi Uruguay e Paraná, la cui superficie è pari a quella dell'Olanda e sulle cui sponde oggi si affacciano due metropoli, Buenos Aires e Montevideo. Eppure, nel 1516, il Río de la Plata e le terre che lo circondavano erano desolate. Il suo scopritore, Juan Díaz de Solís, colpito dalla vastità e dalla dolcezza delle sue acque lo battezzò "Mar Dulce". Alle sue spalle si apriva una sterminata pianura che gli indigeni chiamavano pampa, ma che tutti gli altri designarono con una parola molto meno prestigiosa: il deserto. Juan José Saer dedica al fiume più importante della sua Argentina il racconto - che ricorda Il Mediterraneo di Braudel e Danubio di Magris - della ricerca quasi impossibile dell'identità di quelle terre e delle persone che le abitano. Ripercorrendo la storia di un fiume, Saer ci narra la storia di una nazione, dalla fondazione di Buenos Aires alla dittatura, attraverso quattro capitoli che seguono il succedersi delle stagioni australi, celebrando così due figure: il Río de la Plata e la letteratura.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Esprit de finesse con paesaggio argentino. Minuzioso viaggio nell'animo di un'Argentina intimamente contraddittoria, come per una specie di assimilazione fra ambiente e uomo. Storie, digressioni, intuizioni sull'umanità e sulla letteratura. Indispensabile per chi ama gauchos, pampa, tanghi, asado, e per un lettore paziente a caccia di una prosa poetica e capace di vedere la vita sotto la superficie delle ovvietà. Ecco: un libro così sull'Italia lo Strega non lo vincerebbe mai. Anzi, non verrebbe proprio pubblicato. I punti sarebbero 4 (qualche pagina langue un po'). Il punticino che manca lo si mette per il coraggio e il gusto degli editori italiani. Bravi.
Saer ci fa viaggiare lungo le sponde melmose del grande fiume sudamericano, ci porta nella desolata e sconfinata pampa, terra dominata dai temibili gauchos, ci parla dell'immigrazione massiccia di europei e asiatici, assistiamo alla fondazione di Buenos Aires, al suo sviluppo che non si è mai completato perché il paese, per quanto dotato di grandi potenzialità, ha sempre dovuto combattere con una corruzione imperante, con intellettuali e giornalisti troppo affascinati dall'Europa e con una classe politica inetta che l'ha portata alla bancarotta.
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