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Forse Esther - Katja Petrowskaja - copertina
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Forse Esther

Descrizione



Vincitore Premio Strega Europeo 2015

Si sarà proprio chiamata Esther quella bisnonna che, nella Kiev del 1941, chiese fiduciosa a due soldati tedeschi la strada per Babij Jar, la fossa comune degli ebrei, ricevendone come risposta un distratta rivoltellata? Forse. E dell'intera famiglia, dispersa fra Polonia, Russia e Austria, che cosa ne è stato? Il monolite sovietico conosceva l'avvenire, non la memoria. Per ricostruire quella ramificata genealogia, quel vivace intreccio di culture e di lingue - yiddish, polacco, ucraino, ebraico, russo, tedesco -, Katja Petrowskaja intraprende, sulle tracce degli scomparsi, un intenso viaggio a ritroso nella storia di un Novecento sul quale incombono la stella gialla e quella rossa, e in cui si incrociano i destini di memorabili figure: la babuska Rosa, incantevole logopedista di Varsavia, che salva duecento bambini sopravvissuti all'assedio di Leningrado; il nonno ucraino, prigioniero di guerra a Mauthausen e riemerso da un gulag dopo decenni; il prozio Judas Stern, che spara a un diplomatico tedesco nella Mosca del 1932, e dopo un processo-farsa viene spedito "nel mondo della materia disorganizzata"; il fratello Semén, il rivoluzionario di Odessa, che passando ai bolscevichi cambia in Petrovskij un cognome troppo ebraico... Ma indimenticabili protagonisti sono anche i paesaggi: l'immane pianura russa invasa dai tedeschi e le città della vecchia Europa: Kiev, Mosca, Varsavia, Berlino. E i ghetti, i gulag e i lager nazisti.
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Dettagli

2014
22 ottobre 2014
241 p., Brossura
9788845929281

Valutazioni e recensioni

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Francesco
Recensioni: 5/5
Consigliato agli amanti della storia del Novecento

Mi è piaciuto molto. Mi è sembrato di essere accanto alla scrittrice nelle sue ricerche di storie e di persone della sua famiglia. Aprendomi un mondo che non conoscevo, tra Mitteleuropa e URSS

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giulia
Recensioni: 3/5

Mi aspettavo di più. La casa editrice e la tematica per me sono una garanzia, in genere. Qui invece c’è stato un problema; troppo autoreferenziale. L’autrice si mette al centro di eventi storici che non ha vissuto personalmente. Forse sarebbe stato meglio lasciare maggior spazio agli altri personaggi che hanno vissuto la Storia sulla loro pelle.

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moreno63
Recensioni: 2/5

Scrittura che non decolla. Discontinuità che non riesce a coinvolgere.Come direbbero a scuola: apprezzabile solo per l'impegno.

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Voce della critica

    La metafore della costruzione sono invadenti nella giovane storia letteraria di Katja Petrowskaja: un ponte sono considerate le sue storie, un cantiere la prosa, un'opera di architettura la fluttuazione di memorie che setacciano episodiche e orribili il ventesimo secolo. Si butta così una scrittura di profuga e poliglotta sulla fragilità di questa nostra Europa, come se a unirne le lingue e la storie potesse essere la biografia di una giovane donna, ebrea senza convinzione, tedesca di adozione, a disagio nell'Ucraina dove è nata e nella Russia dove si è formata. Fragile e smaterializzato è invece quello che Katja Petrowskaja dice di sé: "sono un personaggio da road-movie, che non sa guidare l'automobile. La patria è per me una terra, che si può attraversare, ma dove non si può mettere radici". Non una romanziera (ribadisce ad ogni intervista), ma semmai una scrittrice di viaggio, che con Forse Esther ha composto un testo inguaribilmente eccentrico rispetto al "genere". Non si trovano descrizioni accurate, a stento l'autrice si ferma sulle figure che incontra tra le "stazioni" e solo quando sono pittoresche e manipolabili da una leggera vena di ironia, da una attenzione facilmente distratta, o quando assecondano un monologo interiore che si caratterizza soprattutto per mancanza di ossessività. Del suo cammino trattiene leggera un passato di cui vuole essere osservatrice e protagonista, restituito con semplicità, ma ricordando culture e letture, spesso gettate lì con sorridente noncuranza. Una tessitura difficile da tradurre che Ada Vigliani riesce a rendere con passione e intelligenza, assecondando scarti, variazioni e impuntature. Nel viaggio sono due i percorsi che si impongono. Gli incontri casuali, il pensiero continuamente in cerca di immagini ed emozioni, formano in Forse Esther uno spaccato efficace della storia del Novecento. "Avevo pensato bastasse raccontare di quelle poche persone che per caso erano miei parenti, e già avremmo avuto in pugno l'intero ventesimo secolo". Ma questo libro è soprattutto liberatorio e convincente, un controcanto alla mummificazione dell'orrore, ora che i testimoni stanno scomparendo e che la "seconda generazione" invecchia oppressa di memorie o di dimenticanze. Un coro di figure insolite, affettuose, con una loro vita di manie, sogni e ricette creano qui un tessuto di presenze segnato dalla vita che continua, oltre gli eccidi e le violenze, nella catena della generazione: "e ho capito che proprio lei (scrive della nonna) così refrattaria a qualsiasi legame con quel dolore, per cui alla parola ebreo si pensa subito ai sepolcri – sicché essendo ancora in vita non poteva essere ebrea –, ho capito dunque che proprio lei aveva imparato dai suoi nonni, a quei tempi ancora ebrei, tutte le pietanze sapide e succulente, e ne aveva adottate molte fra quelle che persino sua madre non conosceva più". Il "forse" della ricostruzione sentimentale di una discendenza partecipe di ogni piega del passato è sommessamente atto redentivo: storia delle vittime che, contrariamente a quanto diceva Girard, non viene liquidata nell'anonimato delle fosse comuni. Non c'è la pesantezza della memoria obbligatoria, né c'è il moralismo compulsivo che ha trasformato i figli dei perseguitati in castigatori poliedrici dei costumi tedeschi, da Biller a Menasse. Da dovere, la memoria diventa nelle pagine oscillanti e affettuose della Petrowskaja, evocazione di "sponde" (così diceva Beer Hofmann) in cui collocare una vita ricca di radici intrecciate nel tempo se non nella terra, una storia ebraica che caparbiamente continua e si trasforma: le vere protagoniste di questo libro mi sembra siano la pietà e la gioia di ricostruire una biografia familiare in cui tutto sfugge e tutto appare interessante e imperdibile, anche con il rischio che possa essere offerto pittoresco al degustatore di frammenti di vita vissuta. Un accumulo disordinato di racconti in cui l'autrice con l'ostinazione del suo presente cerca di mettere ordine, ma senza troppo impegno, e che, nella combinazione dei suoi elementi, si fa letteratura, celebrando così una vittoria definitiva contro gli assassini. Una versione attuale dell'invito hofmannsthaliano a cercare la verità nella superficie: non nella segnatura magica delle cose che lo spirito del mondo sontuosamente genera, ma nella superficie frammentata, episodica e disturbante di una storia familiare che si offre così disorganica da farsi un presente, un'identità. Troneggia quel forse del titolo (Forse Esther), lì in bilico tra la scrittura automatica golosa di annullamento, e la possibilità di un controllo di una storia che sfugge e viene di nuovo assemblata per un io che si fa setaccio, ma senza la missione di cogliere solo ciò che ha veramente valore, perché è ormai impossibile volerlo o anche solo intuirlo. "Dapprincipio (scrive la Petrowskaja) Heinrich Schliemann non si era accorto affatto della presenza di Troia, e questo perché aveva scavato troppo in profondità".   R. Ascarelli  

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Conosci l'autore

Katja Petrowskaja

1970

Katja Petrowskaja studia Lettere e Slavistica all’Università di Tartu, in Estonia, e dopo una serie di studi di ricerca alla Stanford University e alla Columbia University, si laurea a Mosca. A quasi trent’anni si trasferisce a Berlino, dove inizia a lavorare come giornalista per testate russe e tedesche. Vincitrice nel 2010 di una borsa di ricerca della Fondazione Robert Bosch per la realizzazione della sua opera prima, nel 2013 si aggiudica il premio Ingeborg Bachmann con un capitolo del suo romanzo d’esordio Vielleicht Esther, pubblicato per intero nel 2014 (Forse Esther, Adelphi, 2014). Salutato dalla critica come un capolavoro, nel 2014 il romanzo ottiene una nomination al premio della Fiera del libro di Lipsia e l’ aspekte-Literaturpreis, e nel 2015...

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