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Il volume consta di quattro saggi autobiografici tratti da pubblicazioni precedenti, in cui l’autrice suddivide le tappe fondamentali attraverso cui si è snodata la sua esistenza e la sua riflessione scientifica. Nell’introduzione, Braidotti confessa di sentirsi più a suo agio nell’indagare e raccontare la vita degli altri piuttosto che la propria: “Io ho l’impressione di mancare a me stessa costantemente, di differire da me”. Ciò che viene ripetutamente e orgogliosamente sottolineato dall’autrice, è la necessità di disidentificarsi da ogni forma di identità autoreferenziale e narcisistica: cosa che le è stata resa più facile dalla propria vicenda di emigrata, dal nomadismo professionale e dal plurilinguismo acquisito, motivando in lei forti spinte egalitarie, femministe, post-nazionaliste e antirazziste. Così confessa nel primo capitolo: “Quattro passioni fungono da forze motrici dei concetti e degli affetti che strutturano il mio percorso intellettuale: la scrittura, la filosofia, il femminismo e il presente”, e su tali linee portanti si sofferma con motivato fervore. Ci racconta quindi dei 193 quaderni di diario che aggiorna quotidianamente dall’adolescenza, delle prime pubblicazioni su riviste di Women’s Studies, della vita culturale di Parigi (il post-strutturalismo, la psicanalisi, il marxismo), dei maestri francesi – Foucault, Irigaray e Deleuze – che le hanno insegnato quali relazioni di potere operino all’interno del linguaggio. Descrive la carriera universitaria a Utrecht, i libri di successo che l’hanno fatta conoscere a livello internazionale, l’incontro con la sua compagna di vita nel 1987. Rosi Braidotti dimostra in questo biografianon solo un temperamento risoluto, perseverante e anticonformista, ma anche un’indole ironica e apertamente gioiosa, come possiamo arguire dall’espressione sorridente e fiduciosa del ritratto in copertina, che pare invitarci ad affrontare “le sfide epocali che ci aspettano con solenne e insolente leggerezza”.
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