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Non mi perdo mai le gustose “Paginette” che periodicamente Paola Mastrocola scrive per l’inserto culturale de “Il Sole 24 Ore”. Le sue brillanti considerazioni sull’attualità offrono sempre profondi spunti di riflessione. Lo stesso taglio leggero (attenzione, leggerezza non significa superficialità, Calvino docet, vedi le “Lezioni americane”) ho ritrovato in questo simpatico libro partorito orami 20 anni fa ma che ben fotografa la realtà attuale della scuola italiana … un libro che si legge tutto di un fiato. Ho apprezzato moltissimo anche l’attenzione e la tenerezza che Paola dedica alla gallina, questo nobile animale, ingiustamente denigrato come simbolo di stupidità. Un unico appunto: troppo stilizzata la figura di Isidoro, che rimanda alla visione bucolica e arcadica della campagna troppo spesso veicolata dalla letteratura italiana di tutti i tempi.
Anche l'ironia quando è troppa fa venire la nausea, come in questo romanzo che parte bene ma poi appunto eccede in futilità, estremismi mentali ai limiti della psicosi e banalità varie sul tema della scuola. Se far volare una gallina voleva essere una metafora positiva non c'era comunque bisogno di propinarci un romanzo intero per esprimere il concetto. Ho trovato assurda la "tirata" contro Windows e l'uso dei computer, considerando anche che il testo è di solo pochi anni fa!
Il libro mi è piaciuto molto. Sono un insegnante ed in effetti ci si ritrova in molte delle situazioni descritte dall'autrice. Bellissimo e intenso il rapporto umano che si instaura tra lei e Tanni; rapporto che va ben al di là della routine scolastica. Mi ha un po' stupito il finale, con Tanni che se ne va così.. Non me l'aspettavo, almeno non in quel modo. Noto che praticamente tutti i commenti di stampo negativo sono stati scritti da uomini, che in certi casi mi sembrano aver capito poco del libro, o meglio, essersi fermati al solo aspetto superficiale. Purtroppo anche questa mi sembra una cosa piuttosto comune, che spesso (spesso, non sempre) si ritrova anche in ambito scolastico. Ma questo è solo il mio parere.
Recensioni
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recensioni di Vittori, M.V. L'Indice del 2000, n. 06
A vent'anni esatti di distanza dal suo debutto nelle patrie lettere (nel 1980, nel libro di Luigi Malerba Le galline pensierose), quest'onesto animale chiamato gallina ritorna ad animare le pagine di un romanzo. Un romanzo che racconta di Carla, quarantenne professoressa di lettere sposata e con due figli, equamente divisa tra il suo pollaio, che ospita ventiquattro galline, e la scuola, ambienti non così distanti come si potrebbe supporre. L'autrice (nata nel 1956 e al suo esordio) ne parla con cognizione di causa, dal momento che è un'insegnante di scuola superiore; e se pure s'era vista nei libri di Domenico Starnone un'analoga rappresentazione ironica talvolta impietosa del mondo scolastico, risulta del tutto inedito il connubio che qui s'instaura tra scuola e pollaio, discenti e galline, insegnamento e allevamento.
La storia è inscritta in una struttura circolare: l'eterno ritorno - che ha poco di Nietzsche e molto di burocratico - dell'anno scolastico, con i sui riti e le sue scartoffie; ed è una scrittura circolare che richiama però anche il recinto di un pollaio, com'è testimoniato dalle ricorrenze lessicali: apre e chiude la storia il verbo "beccare", e si ritrovano di frequente espressioni come "zampettare", "raspare", "abbassare la cresta", "abbassare le ali".
All'interno di questo doppio recinto di scuola-pollaio la protagonista "cova" un sogno smisurato: quello di riuscire a far volare una gallina.
Impresa ridicola, disperata, impossibile: ma se la gallina ha le ali perché non dovrebbe usarle? Del resto insegnare a usare le ali è anche quello che lei quotidianamente fa, o cerca di fare, con i suoi allievi, i suoi ragazzi "a cui hanno appiattito il mondo": il goffo adolescente Assarotti, lo skinhead Collina, la paffuta Richetta accessoriata di gel e piercing. E non è certo impresa meno ridicola, o disperata, o impossibile.
Le lezioni di sradicamento dai luoghi comuni ovvero di volo che Carla cerca di impartire ai suoi allievi inerti, orizzontali, paghi di becchettare in terra, sono vere e proprie partiture di un'operetta tragicomica. Per fortuna in classe c'è Tanni, ovvero Carla Tannivella, che non sarà un genio ma è una che ha i pensieri e possiede "la dote straordinaria, ormai rarissima, di saperli esprimere in un sorriso, in un tema"; e, nel pollaio, c'è Corvetta, la gallina tutta nera che è più curiosa delle altre, più disponibile all'avventura. Va da sé che sarà Corvetta la gallina prescelta per il folle volo, e Tanni aiuterà la sua stramba professoressa a progettare e costruire macchine da volo sempre più ingegnose: "una specie di gru a metà tra il pendolo di Galilei e la carrucola nel pozzo di Montale".
Come andrà a finire non si sa, e del resto non ha alcuna importanza, perché il pregio maggiore di questa storia esilarante, beffarda e anche un po' commovente - che meritatamente ha vinto lo scorso anno il premio Calvino per l'inedito - risiede per l'appunto nella sua capacità di mantenere aperta la curiosità, la disponibilità al volo a dispetto di ogni recinto, d'ogni orizzontalità.
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