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Anno edizione: 2022
Anno edizione: 1989
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Il racconto del mal gattesco del principe Daineo e del viaggio come matafora di una possiblile redenzione e di un percorso interiore teso alla riconquista del proprio essere.
recensione di Baggiani, A., L'Indice 1989, n.10
Il principe Daineo, già scontroso e uso a star solo, circondato da "serpeggio di gatti d'ogni pelame", vien ritrovato un giorno dalla servitù sconcertata, acquattato nell'orto, coi baffi spioventi e atteggiamenti sospetti. Ma non d'autentica metamorfosi si tratta (sogno infantile dell''epos' come della fantasia del mito); ché in Daineo solo l'anima è gattesca e, pertanto, alcuni disdicevoli comportamenti, tra ferinità ed educata gattità. La ferocia nella caccia, l'animalesca lussuria, la ladreria - ciò che per antico codice compete, ingiustamente o no, al gatto - ma anche l'agilità, la predilezione per il buio e il diffidare degli spazi aperti: tutto ciò getta nella costernazione il mentore del principe, dottor Gorgia, ogni volta costretto a richiamarlo all'educazione propria del suo ceto nonché della sua umana sostanza. Inutile il viaggio consigliato dai medici perplessi; inutile il romitaggio, che anzi accelera il precipitare dell'infelice nel puro istinto e del dottore nella distratta trascuraggine delle norme elementari di civiltà; Daineo ritorna a casa e il notaio don Franco convince i genitori della sostanziale normalità della sua follia: "Potete parlare di malattia dove non si tratti dei piccoli mali ai quali si suol dare questo nome, ma invece del gran male comune, inerente alla natura stessa dell'uomo?". Chiamato addirittura a corte, dove la regina profitta maliziosamente delle sue qualità, Daineo, in fuga sui tetti, cade ferendosi gravemente; ma, in otto giorni di dolorosa agonia, riacquista lucidità e favella: discorsi ininterrotti senza senso apparente, più chiari forse d'ogni altro discorrere. E solo una turba di donne, curiose custodi d'ogni metamorfosi, accompagnerà il suo funerale. Ma la storia non finisce qui: all'improvviso appare nella camera di Daineo un gatto bianco che gli somiglia e, prediletto dalla Principessa, educato come un gentiluomo, finirà con l'esser chiamato a corte per la gioia della regina.
All'animale vien quindi concessa la conquista della felicità; a Daineo, suo maldestro imitatore 'malgré lui', l'onere dell'infelicità e della morte, sia pure accompagnata da visionaria chiarezza. Rovesciato il mito russoiano nella speculare simmetria della favola si scopre l'unghiolo del conte 'philosophique', con qualche richiamo ad altre gallerie settecentesche, prime fra tutte quelle dell'abate Galiani. Lontanissimo resta il mondo d'altre moderne metamorfosi, da Stevenson a Kafka per intenderci: siamo qui nel clima di un'esperienza europea d'anteguerra ("Gatteria" è del 1925) indenne dalle acide piogge mitteleuropee, ma nutrita d'altre fonti e di vari umori sotterranei. Come, nella profonda levità della storia, la punta d'amarezza congeniale alla vena moralistica di Savarese cui l'esperienza vociana e rondista - echi palazzeschiani nel lungo monologo di Daineo? - ha dato la tersa consistenza di stile che fa di questo libretto un piccolo classico.
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