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Il XX secolo è stato caratterizzato da due grandi genocidi, di cui il più noto è stato senz’altro quello degli ebrei, peraltro più recente; eppure non fu da meno quello di una comunità cristiana radicata nell’Anatolia, gli armeni, perpetrato in due fasi, di cui la prima fra il 1894 e il 1896 avviata dal sultano Abdul-Hamid e la seconda nel corso della prima guerra mondiale nel biennio 1915-1916 scatenato dal regime dei Giovani Turchi e che fu il più tragico, con circa 1.200.000 vittime. Come è potuto accadere tutto questo? Che motivazioni, beninteso non giustificazioni, ci sono alle radici di un fatto così tragico? Ne parla in modo ampio ed esauriente lo storico Marcello Flores nel suo saggio Il genocidio degli armeni, un testo di estremo interesse non solo per conoscere il passato, ma anche per comprendere il presente. Alla base indubbiamente ci fu l’azione svolta dalla Russia, da secoli in guerra con la Turchia, per creare uno stato autonomo armeno, ma è anche vero che contribuì non poco durante la Grande Guerra il timore dei turchi di perdere la loro sovranità per l’andamento decisamente sfavorevole del conflitto. C’è però anche da precisare che gli armeni non avviarono una guerriglia e che la maggior parte di loro non avversava i turchi, e allora si può anche far rientrare nelle cause una violenza insita nell’islam contro chi è di un altra religione. Non una, quindi, ma tante sono le cause che portarono a un’autentica strage, a violenze su donne, al tentativo di sopprimere una nazionalità. Flores si esprime con prudenza, anche perché molta documentazione di parte turca è secretata. Tuttavia, con quanto si ha, è stato possibile scrivere un saggio abbastanza snello in grado di dare una visione imparziale della tragedia e lo storico l’ha fatto in modo organico.
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