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Strano libro, questo, quasi un ibrido, composto com’è da un racconto breve e da un saggio letterario, un insieme che normalmente potrebbe stonare , ma che nel caso specifico offre un risultato pregevole, risultando entrambi i pezzi due autentici gioiellini. Comincio dal racconto, né breve, né lungo, oserei dire il giusto, proprio perché non c’è nulla di troppo, né si notano assenze nel discorso, condotto in un italiano ormai raro, forbito senza essere lezioso, scorrevole senza essere impetuoso. La vicenda in sé è grottesca, perché il protagonista, Poliorcete Visentini, dove l’etimologia greca del nome significa assaltatore di città, è l’oggetto di una diabolica scommessa delle autorità italiane e jugoslave (siamo negli anni cinquanta), un gioco infame a cui il personaggio si sottrarrà in un finale esemplare, rivendicando la propria dignità di uomo. In queste righe, oltre a essere presente tutta l’assurdità della politica, viene evidenziato il ruolo di suddito di qualsiasi cittadino, merce di scambio, individuo da dominare, oggetto in pratica di giochi di potere. E’ questa prospettiva che dona universalità a un racconto che sembrerebbe agli inizi limitato solo al fenomeno contingente delle persecuzioni subite nel dopoguerra dagli italiani nei territori dell’Istria e della Dalmazia. Sozi sembra dirci che quello che accadde in un certo buio periodo potrebbe accadere nuovamente, anzi accade sempre, continuamente entro e oltre ogni confine. E riguardo ai confini pare evidente che siano solo frutto di un calcolo umano, perché Poliorcete, anche se sta di là, sempre italiano resta e la sua casa, la sua famiglia sono un’isola di italianità, perché non è possibile negare le origini, se non rinunciando alla propria dignità. Per quanto concerne il saggio (La Letteratura degli Italiani di Istria, Quarnaro e Dalmazia – un breve sguardo) presenta la caratteristica di essere abbastanza breve, eppure esauriente. Mi sembra superfluo aggiungere che Ginnastica d’epoca fredda è sicuramente raccomandabile.
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