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Non si trattano in questo libro questioni teologiche o di fede, ma di poetica. Poetica che Aristotele definisce scienza, rigorosa operazione creativa e che indaga l'origine, il divenire e il manifestarsi dell'atto di poesia. La struttura della narrazione evangelica (in questo caso quella di Giovanni) ripropone i principi della poetica aristotelica. Nel vangelo di Giovanni abbiamo la rappresentazione di un'azione seria, complessa e compiuta in se stessa, con una certa estensione, con uno stile opportuno in ogni sua parte e che racconta una storia che è principio e anima dell'opera, la storia di Gesù. I fondamenti dell'azione tragica canonizzati da Aristotele si riscontrano nel nodo, ossia «tutti questi casi che sono estranei all'azione propriamente detta, e spesso anche taluni di quelli che fanno parte di essa azione, costituiscono il nodo. In altre parole, chiamo nodo quella serie di casi che vanno da ciò che si prende come principio della favola fino a quel punto della tragedia da cui immediatamente si inizia la mutazione da uno stato di infelicità a uno stato di felicità o viceversa»; e poi nello scioglimento del nodo che avviene attraverso un'azione tragica complessa che comprende sia le peripezie sia il riconoscimento. Il lavoro di Lo Bue si limita semplicemente ad applicare le rigorose leggi della poetica aristotelica a uno dei quattro vangeli. Tuttavia, il libro mostra un aspetto non secondario, che si rivela il problema centrale della poetica del vangelo di Giovanni. E all'autore va il merito di averlo esaminato in maniera attenta. Il "problema" si chiama Prologo del vangelo di Giovanni. Sempre riferendoci all'Aristotele della Poetica, il filosofo sostiene che la verità abbandona la ragione della poesia, è cade ogni rapporto tra essenza e parola. L'unica scienza in grado di pensare l'essere in quanto essere è la Metafisica. È tolto pertanto ogni orizzonte celeste alla poesia. La poesia non è più dono del dio, ma soltanto una scienza, un'operazione creativa.
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