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Allo scoppio della prima guerra mondiale Silvio Moretti, quindicenne figlio di contadini veneti, vorrebbe entrare volontario nell’esercito, come il fratello maggiore, ma non lo accettano x limiti di età. All’inizio c’è entusiasmo, i giornali titolano “Viva la guerra”; solo il padre è contrario, ma tutti sentono la mancanza di Carlo, il primo a partire. Il conflitto, però, dura a lungo e nel 1917 Silvio si trova in trincea con i compagni. Vede i corpi straziati dalle granate, i cadaveri nelle fosse comuni, il gas mostarda che uccide dopo giorni di agonia soffocando lentamente, i reticolati, le bombe. Nei campi e nelle città, invece, la guerra appare lontana, è quasi incredibile che degli uomini si uccidano e muoiano mentre altri come sempre lavorano o chiacchierano in piazza. Il libro è presentato come un romanzo x ragazzi, lo stile è semplice ma è interessante anche x i lettori adulti; non è un documento storico, è un racconto di fantasia nei nomi e negli eventi, ma è verosimile e basato su testimonianze dei soldati e lettere dal fronte. E’ la guerra dal punto di vista dei contadini, preoccupati più delle bestie e del raccolto, delle braccia che mancano al lavoro nei campi che della gloria patria. C’è il contrasto fra Carlo, il combattente, stimato e onorato come un eroe, Luigi, il fratello riformato perché zoppo, che si dedica al mercato nero, e Silvio, che, pur spaventato dalle stragi, arde di entusiasmo ingenuo e vuole arruolarsi. Non condivido la scelta di Sgardoli di alternare periodi diversi, prima e dopo la partenza di Silvio x il fronte, perché crea una spiacevole confusione. Il libro ha finalità didattiche, illustrate dalla frase riportata in copertina: “L’unica battaglia da combattere è quella per la pace”. Forse il finale pacifista è poco credibile, ma è gradevole. E’ un modo accattivante di spiegare la storia, non solo ai ragazzi ma anche a chi non desidera leggere tomi ponderosi sulla guerra combattuta dai nonni o dai bisnonni.
Un bel libro, uno dei tanti scritti in occasione del centenario della Grande guerra ma che ha il merito di raccontare poca vita di trincea, già molto letta altrove, preferendo descrivere -e molto bene- la condizione della famiglia contadina come poteva essere allora. I tre figli maschi della famiglia Moretti ("povera ma per bene") partono entusiasti per la guerra ma ben presto fanno i conti con la realtà. Disillusione, emersione di domande vitali. Molto ben tratteggiati i caratteri del padre Nane, rigido ma capace di piegarsi per il bene della famiglia, e della mamma Ada, piena di saggezza contadina. L'autore inventa una Tregua di Natale nel 1917 sulle rive del Piave: ci sta. Un libro e un autore che, nel panorama della pubblicistica sulla Grande guerra, forse meriterebbero di essere considerati di più.
Ottimo spaccato dell'Italia contadina in guerra, con una graduale presa di coscienza del protagonista sempre alternata al suo quotidiano in trincea. Una storia molto locale (punteggiata di espressioni dialettali) e decisamente universale. Pienamente comprensibile, forse con qualche difficoltà per i dialetti, dai 12 anni. Vera e amara.
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