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Nella ricca bibliografia che studia il nesso fra letteratura e arti visive nel Rinascimento, non sono molte le voci intitolate a Paolo Giovio, vescovo di Nocera e autore di monumentali Historiae latine (1550-1552). Il libro di Michelacci colma una lacuna, sottolineando la dimensione interdisciplinare della ricerca gioviana, che proprio da una curiositas figurativa e collezionistica prende le mosse. La sua responsabilità nell'elaborazione del programma decorativo per la villa medicea di Poggio a Caiano (nel secondo decennio del secolo) testimonia una vivace vocazione encomiastica, ma soprattutto una competenza iconografica che trova completa realizzazione nella famosa villa-museo di Como: collezione di ritratti degli uomini famosi (secondo il modello umanistico) e al tempo stesso "luogo di studio fuori dai fasti della città" (seguendo l'esempio di Plinio il Giovane e Petrarca). Architettura della villa e organizzazione di un museo personale si incrociano dunque nel luogo e insieme nel concetto di "galleria", che Giovio consegna alla posterità come particolarissimo intreccio di immagini e parole (i motti, le imprese), vero e proprio pendant visualizzato e mnemotecnico delle Vitae e degli Elogia che l'umanista va componendo. Michelacci documenta i rapporti del museo gioviano con il topos coevo della descriptio villae (Doni), quindi l'articolata fortuna del suo modello nel corso del Cinquecento (da Ortelio a Zwinger, fino al progetto di una moderna enciclopedia). Ma, soprattutto, insiste sulla funzione "di servizio" delle imagines nei confronti della scrittura erudita di Giovio: quella geografica e insieme quella storiografica, che alla garanzia dei ritratti fa appello come a un criterio supplementare di verità.
Rinaldo Rinaldi
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