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Quello del lettore è un lavoro oscuro e complesso, che richiede competenza e umiltà ed espone anche ai facili giudizi del tempo a venire, quando, dopo la consacrazione di un autore, si è tentati di puntare il dito su chi aveva respinto o bocciato un manoscritto. Indimenticabile il ritratto che fece Natalia Ginzburg in Vita immaginaria di un suo amico lettore, che altrimenti sarebbe stato inghiottito, insieme alla sua casa piena di libri e al suo cane fedele, dall'oblio che tocca a chi svolge nell'ombra questo lavoro: "Essendo lui mite, si trovava sovente costretto a dire al prossimo verità crudeli. Inoltre doveva essere assediato e oppresso dai manoscritti perché la gente scrive molto".
Chi ha espresso i "pareri editoriali" ritrovati in un faldone e raccolti da Stefano Verdino per il melangolo, è tuttavia uno dei poeti maggiori del nostro tempo, scrittore dei tredici racconti di viaggio del postumo Aeroporto delle rondini e altre cartoline di viaggio (Manni, 2000), grande traduttore e campione nel genere della narrazione breve, come documentato dai tre perfetti pezzi raccolti nel Labirinto (Rizzoli, 1984). Nell'intervista alla radio poi pubblicata in "Era così bello parlare" (il melangolo, 2004), il poeta aveva del resto confessato: "La mia vocazione, la mia ambizione, ecco, diciamo, era quella di fare il narratore, tant'è vero che Il gelo della mattina che porta la data del '48 in realtà apparteneva ad un romanzo che ho cominciato nel '37. Poi, chissà, si vede che mi costava troppa fatica. Il romanzo richiede (
) un lungo lavoro da tavolino, lungo metodico, no?". Questa vocazione inespressa da narratore si rispecchia nei molti testi a cui Giorgio Caproni dedica tempo e dedizione, soprattutto per una casa editrice, la Rizzoli, che negli anni sessanta stava vivendo una stagione di globale rinnovamento, mentre mutava radicalmente anche l'idea di romanzo, nel passaggio da un'idea di racconto popolare e umoristico a quella di una narrativa italiana e straniera di qualità. La casa editrice guardava, anche con il varo di una nuova collana, "La Scala", ai recenti successi di Bompiani (con Moravia, Camus, Sagan e Cronin), di Garzanti (con Pasolini e Gadda), di Feltrinelli (con Tomasi di Lampedusa e Pasternàk), di Einaudi (con Calvino e Sciascia) e di Mondadori . Da qui la necessità di passare al vaglio molte proposte, con letture attente che danno esito a relazioni che sono piccoli racconti, secchi, precisi, taglienti.
Tra i narratori passati al vaglio si contano gli italiani Bonaviri, Crovi, Joppolo, Maurensig, Saito, Sanminiatelli, Agorlon, Strati, Vaime e gli stranieri Skvorecky, Vassiokos, Brassens, Chabrol e Tillon. Il tratto dominante di questi pareri è l'estrema attenzione alla peculiarità degli autori, che si manifesta in una rara abilità di penetrazione: la profonda stima per Beniamino Joppolo spinge Caproni a consigliare la pubblicazione di un libro che non sembra andare "oltre la semplice curiosità", mentre non lo convince l'acerbità delle scelte di Giuseppe Pederiali di cui pure riconosce certe "qualità di fondo". Anche se il giudizio del lettore si estende fino alla proposta della possibile collocazione di ogni libro in una delle collane della casa editrice, si tratta sempre di un vascello fragile, che viene spinto in un mare incerto: ne è la prova il destino di Brave borghesi, che è stato pubblicato solo pochi anni fa da Adelphi e di cui Caproni caldeggia con raffinatezza ma inutilmente la pubblicazione: "Ed è in virtù di tale humour, nonché di una cultura aggiornatissima anche se un poco troppo sbandierata con soverchio sfoggio d'espressioni straniere e di citazioni da letture fatte (a meno che anche questo non faccia parte del gioco), che da un capo all'altro il libro si legge volentieri e anche con un certo profitto". In verità anche a questo racconto-inchiesta di Morselli su un tipo sociale in via d'estinzione, che può permettersi, grazie all'agiatezza del Nordest italiano, "d'abbandonarsi avec délices alla sua ascesi del non lavoro", sarebbe toccata una fortuna postuma.
Monica Bardi
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