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Il giusto peso. Un memoir americano
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Il giusto peso. Un memoir americano - Kiese Laymon - copertina
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giusto peso. Un memoir americano
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Il giusto peso. Un memoir americano

Descrizione


Con una narrazione intima e profondamente onesta, Il giusto peso mette in luce i fallimenti individuali e quelli di una nazione intera, sempre più divisa.

Che cosa accade al corpo di un uomo di colore, a una famiglia afroamericana, dopo una vita intera di segreti, bugie e violenza? Con Il giusto peso, il suo «memoir americano», Kiese Laymon tenta di rispondere a questa domanda mettendosi a nudo – dalla violenza sessuale al primo amore, dalla sospensione dal college al lavoro come professore universitario – e ripercorrendo il lungo viaggio che si è reso necessario per affrontare i grandi nodi della sua vita: la famiglia, il peso, il sesso, il gioco d’azzardo e, infine, la scrittura. A sollevarsi da ogni pagina è lei: la madre, il «tu» a cui Laymon si rivolge e che punteggia tutto il libro. Una donna brillante e complessa, che mossa dal desiderio di equipaggiare al meglio il figlio per sopravvivere in un mondo che sembra non avere spazio per lui, travalica spesso il confine che separa l’amore dalla violenza. Nel tentativo di disciplinare il corpo, le scelte, e soprattutto il linguaggio del ragazzo, non fa che produrre una lunga catena di falsità e dipendenze.
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Dettagli

2019
30 agosto 2019
296 p., Brossura
9788894833225

Valutazioni e recensioni

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Mariaelena
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Mi sono trovata tra le mani un libro intimo e potente, un diario crudo e disperato a cui Kiese Laymon affida la testimonianza di una vita. Il libro mi ha stupito già dalle prime righe per la scelta di quel "tu" a cui l'autore si rivolge dalla prima all'ultima pagina e che si materializza nella figura portante dell'intera narrazione: sua madre. Laymon mette davanti agli occhi del lettore un rapporto madre/figlio decisamente controverso, fatto di pressioni, violenza, bugie e tenerezza. Lei è una donna fiera e indipendente che ha dedicato la sua vita a guadagnarsi una posizione nel campo del sapere e che ha trasmesso a suo figlio tutte le difficoltà che una persona dalla pelle scura come la loro avrebbe incontrato nella società americana ancora marcatamente razzista. A suon di botte, pianti e cinghiate riesce a spronare suo figlio a studiare, convincendolo della necessità di impegnarsi sempre il doppio rispetto ai suoi compagni bianchi, agevolati e tutelati rispetto a lui, ragazzo nero nato e cresciuto a Jackson, Mississippi. Per tutta la vita Kiese si porterà dietro un peso a tratti insostenibile: quello di un passato fatto di soprusi e bugie e quello del suo corpo che non riesce a smettere di torturare. Il tema del corpo nero e delle sue implicazioni in un mondo che giudica impietosamente è una costante nella narrazione. Che significa essere un ragazzo nero, grasso, grosso e istruito in America? È un peso eccessivo il suo o è un peso "giusto" come è solita ripetere sua nonna? Laymon ha poco più di 40 anni ed è spaventoso pensare che la società che descrive in queste pagine è praticamente quella in cui viviamo anche noi. Questo mi ha lasciato addosso una sensazione ancora più triste e dolorosa. Lettura di sicuro consigliata!

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n.d.
Recensioni: 4/5

Buon libro. Lo consiglierei per l'acquisto.

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Recensioni

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Voce della critica

“Volevo scrivere una bugia. Tu volevi leggere una bugia.”

In un Paese perennemente in cerca di un’identità o forse semplicemente di un nemico, Laymon narra la vicenda di un afroamericano del Mississippi dall’infanzia alla vita adulta. Una storia che non si lascia incasellare e dunque, i pirati alla ricerca del bianco e nero non troveranno un porto da saccheggiare.

Pagina dopo pagina, il corpo del protagonista si appesantisce sempre più. I pensieri sono schiacciati dalle azioni, la filosofia e le digressioni moraleggianti non rubano la scena all’efficacia di un odore, di un suono e di un sapore. Gli occhi del ragazzo prendono meccanicamente atto di abusi sessuali, disturbi alimentari e dipendenze. Sovente, però, quello stesso sguardo non li registra come violenze, questo compito è infatti lasciato al lettore,  testimone oculare di un fuoco che non può spegnere.

Infine, nota d’onore a una scrittura dura che non compiace e non coccola, non presta mai il fianco al vittimismo e non censura le parti più marce dell’agire umano, anche di quello che si è costretti a guardare ogni giorno allo specchio. 

 
Recensione di Francesca Ponchielli
Si ringrazia il Master Booktelling dell'Università Cattolica di Milano

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