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Il gotico europeo in Italia - copertina

Dettagli

1 gennaio 1997
440 p., ill.
9788843548002

Voce della critica


recensione di Romano, S., L'Indice 1996, n. 2

"Il Gotico Europeo in Italia" è un corposo volume di più di 400 pagine, uscito per i tipi di Electa Napoli. Curato da Martina Bagnoli e Valentino Pace, appare un po' anomalo nel panorama dell'editoria di storia dell'arte in Italia, e semmai più simile a quanto si vede in area specialmente inglese o americana, soprattutto in campo storico. Il tema, che sarebbe ovviamente stato ben adatto a un convegno, e invece farebbe tremare le vene ai polsi a un singolo studioso, viene trattato da ben ventotto autori; frutto anche di un non frequente rischio editoriale, sembra un volume di atti di un convegno, più ancora che uno di quei volumi miscellanei fatti a spese di banche o altri mecenati d'occasione.
Detto questo, appare chiaro che in questo volume contano sia il progetto complessivo dell'opera, sia i singoli e numerosi interventi. Del primo, i curatori danno conto in una breve premessa: il "Gotico Europeo in Italia", per loro, è quello che si manifesta in area nordeuropea - Francia, Germania, Inghilterra - a partire dalla metà del XII secolo e che interessa in vario modo l'Italia fino alla fine del XIII. Il XIV secolo non è toccato se non nel suo inizio, quello che è in questione è dunque l'impiantarsi in Italia di una civiltà "gotica", le trasformazioni che essa impone a quanto prima esisteva, i modelli che propone, i risultati che suscita. E anche l'assimilabilità di questi risultati con i modelli originari: può Santa Croce a Firenze definirsi una chiesa gotica, può Nicola Pisano considerarsi uno scultore gotico? Come si bilanciano, in pratica, i debiti alla cultura preesistente e quelli ai nuovi modelli, nei monumenti e negli artisti duecenteschi o primotrecenteschi italiani, e questo famoso "gotico" è stato essenziale per la formazione della loro struttura di linguaggio, o forse ha funzionato come una verniciatura alla moda, senza determinare il sistema espressivo profondo che scaturirebbe da un più radicale rapporto con la cultura locale "italiana"?
In realtà, l'unico saggio che cerca di dar conto di questi interrogativi su un piano di discussione più generale è il primo, appunto posto a epigrafe di tutto il volume, "Dal Gotico Europeo in Italia al Gotico Italiano in Europa", firmato da Willibald Sauerländer, denso e semplice nella profonda conoscenza della materia che introduce. Anche il successivo, di Xenia Muratova, ""Questa maniera fu trovata dai Goti..."" ha un sapore introduttivo: appare però meno a fuoco, ancorché documentato e pieno di spunti generosi e di idee. I saggi sui singoli argomenti seguono in parte un criterio di distribuzione geografica, perché vanno a identificare alcuni nodi problematici che si identificano con zone d'Italia che - per vicende storiche, o per semplice dato di fatto - sembrano più europee di altre. In questo modo si cerca di disegnare una possibile geografia degli innesti extraitaliani e una mappa delle trasformazioni dell'originario "italiano" - sulla problematicità di questi concetti Sauerländer, appunto, ci aveva avvertito. Si parla del Piemonte, di Genova, di Verona, del Sud Italia, e molto di Assisi e di Siena: ci sono alcune esclusioni, che in qualche caso fanno torto almeno alla storia critica di argomenti anche fondamentali come il rapporto tra Italia e Francia; e alcune mancanze, tra le quali, mi sembra, quella dei rilievi di facciata della cattedrale di Orvieto è tra le più rilevanti. I due curatori si pronunciano, l'una, sul difficile Maestro Oltremontano assisiate, aggiungendo alcuni elementi non trascurabili al dibattito sull'argomento; l'altro, sull'individuazione di un filone di ispirazione mosana nell'Italia meridionale, e in particolare nella statua capuana di Federico II - un'idea, questa, sulla quale si dovrà riflettere con qualche cautela.
Le "arti minori" costituiscono quasi un'intera metà del volume (P. Williamson, N. Morgan, E. Cioni, E. Taburet, L. Travaini, P. Supino, L. Ayres, G. Orofino, L. Dal Poz, A. Bennett, J. Yarza Luaces) giustamente attestando la rilevanza di generi che furono, effettivamente, forse il tramite maggiore per la circolazione e conoscenza del "gotico europeo" in Italia. Molti sono i saggi che rimarranno notevoli nella bibliografia della materia: da quello di Claussen sulla cattedrale di Genova, a quello di Caroline Bruzelius sul San Lorenzo Maggiore di Napoli (che mi pare ribalti in maniera molto intelligente un paio di supposte verità sempre accettate su questo argomento); poi c'è qualche contributo da parte di studiosi che hanno più che decennali esperienze in certi campi - per esempio Gardner sulla committenza papale e curiale, Gandolfo sulla Sicilia tra i normanni e Federico II, o Polzer su Siena - e che qui riassumono i molti dati di lunghe ricerche e anticipano novità e prospettive ancora in corso, come pure fa Leone De Castris sulla Napoli angioina - con alcune interessanti novità.
Si potrebbe proseguire a lungo segnalando saggi o dettagli che abbondano in tutto il volume, peraltro anche ben illustrato, e che attireranno l'attenzione di quanti si occupano di gotico. Al di là delle singole questioni, che sono tantissime, credo però che il merito del volume sia stato di mettere a fuoco un problema teorico e storiografico su vasta scala. Chi abbia provato qualche volta a insegnare a studenti sul tema del gotico, sa che i più intelligenti, prima o poi, chiederanno che cosa sia, in fondo, questo gotico, e perché Nicola Pisano o Giotto possano essere ritenuti artisti gotici. Un libro così, che punta a un concetto unitario dando spazio a tante disparate discussioni, anche specialistiche, anche settoriali, potrà interessare lo studioso, ma anche lo studente curioso, e risulta intrigante e appetitoso più della media della produzione corrente.

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