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recensione di Caciagli, M., L'Indice 1997, n.10
Il muro di Berlino è caduto nel novembre 1989, l'unificazione della Germania ha avuto luogo nell'ottobre 1990.Sembrano eventi lontani, ormai consegnati alla storia di un secolo che ha visto nel bene e nel male la Germania in vesti di protagonista. Invece, nonostante i sette-otto anni trascorsi, le conseguenze di quei fulminei accadimenti continuano a farsi sentire. Vista dall'esterno, la nuova Germania, con i suoi ottanta milioni di abitanti e con le sue enormi risorse di varia natura, sembra ergersi a sicuro protagonista anche del nuovo secolo.Vista dall'interno, invece, rivela crepe e incertezze, dovute in parte all'eredità del sistema di Bonn, ma soprattutto al difficile cammino intrapreso dopo il 1990.
Nestore Di Meola, un sindacalista che ha vissuto a lungo in Germania dirigendo il patronato delle Acli, intende appunto fornire al lettore italiano una disincantata visione dall'interno, ricostruendo alcuni momenti di debolezza risalenti alla stessa Repubblica federale e segnalando i più gravi problemi del momento. La "Grande Germania" del titolo appare tutt'altro che solida e sicura. L'immagine di forza e di tracotanza sembra venirle affibbiata dagli altri piuttosto che appartenerle realmente.
Il libro di Di Meola si disvela facilmente come la raccolta rimaneggiata, e non sempre riscritta, di articoli e corrispondenze degli ultimi dieci anni - anche se ciò non vien detto da nessuna parte.Se alcune pagine suonano stonate e fuori tempo, l'insieme ci restituisce bene l'evolversi del sistema tedesco, con le sue svolte importanti, il profilarsi di nuove sfide e il riaffacciarsi di antiche questioni. È un libro utile, se non altro perché in Italia si pubblica poco sulla Germania che sia documentato e riflettuto, nonostante il ruolo che a quel sistema viene riconosciuto - ma il riconoscimento avviene nella superficialità di un'informazione carente e colma di pregiudizi.
Al centro della tessitura di Di Meola ci sono i rapporti fra le due Germanie, prima e dopo l'unificazione. Di quest'ultima si ricordano le tappe convulse, il fiuto e la granitica volontà di Kohl di portarla subito a compimento e le vittime che lasciò per strada (i socialdemocratici di Est e Ovest, le minoranze coraggiose che, dopo aver avviato la "rivoluzione pacifica", vennero scavalcate dagli eventi, la maggioranza silenziosa che pretese col voto l'immediata integrazione nella Repubblica federale per poi patirne i negativi effetti economici, sociali e psicologici).A distanza di anni risulta forte, rifiorita sulle macerie di quella di un tempo, un'identità tedesco-orientale fatta non tanto di resistenze ideologiche, quanto di disillusione per le promesse deluse di benessere, e di risentimento verso l'egoismo e la supponenza dei "fratelli dell'Ovest".
Di Meola insiste cioè sui guai di una "Germania unita in una società divisa". Insieme alle tensioni fra tedeschi occidentali e orientali si ritrovano nelle sue pagine altre ombre che hanno pesato e pesano nelle relazioni fra Est e Ovest: dai sorprendenti affari con Berlino Est dell'anticomunista Franz-Josef Strauss allo scandalo Barschel, finito con il suicidio dell'ex presidente dello Schleswig-Holstein, dall'intrecciarsi in traffici illeciti di società occidentali con spregiudicati funzionari orientali alle complicità insospettabili di molti cittadini dell'Est con i servizi di sicurezza del regime, dai rapporti "al di là del dovuto" fra Spd e Sed alle società di import-export del Pci, dai guasti della deindustrializzazione dell'ex Repubblica democratica alle misure legislative restrittive dell'immigrazione che hanno solleticato atteggiamenti razzisti e pangermanici in settori sociali dell'Ovest e soprattutto dell'Est.
Insomma, il quadro delle condizioni di salute del sistema tedesco è tutt'altro che rassicurante. I nodi sembrano venire al pettine ora che l'Europa è alle porte: quell'Europa che, in buona fede e per profonda convinzione, è fortemente voluta da Kohl - il quale, dopo essere divenuto il cancelliere dell'unificazione tedesca ambisce davvero a essere il cancelliere dell'unità europea. Questo quadro sarà magari rassicurante per tutti coloro che hanno timore dello strapotere della Germania; se Di Meola ha ragione, costoro possono star tranquilli. Non sarebbe meglio, però, per gli europei tutti che i tedeschi fossero invece soddisfatti e riappacificati con se stessi?
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