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Grazie no. 7 idee che non dobbiamo più accettare
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Grazie no. 7 idee che non dobbiamo più accettare - Giorgio Bocca - copertina
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Grazie no. 7 idee che non dobbiamo più accettare
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Grazie no. 7 idee che non dobbiamo più accettare

Descrizione


Forse in questi anni ci siamo abituati: cose che dovrebbero farci indignare passano sotto silenzio, discorsi che non si dovrebbero sopportare diventano moneta corrente, idee come minimo discutibili vengono invece comunemente accettate. Giorgio Bocca però non si è mai arreso, e in questo pamphlet alza la voce per denunciare le scorciatoie del pensiero unico, che certo non scomparirà con un cambio di governo e a cui si deve rispondere con un sonoro e liberatorio: "Grazie, no!". E se è ormai quasi un'abitudine anche l'indignazione, anche il cinico e soddisfatto luogo comune secondo cui l'Italia è ormai perduta, vittima delle sue ataviche tare e dei suoi vizi inestirpabili, Bocca ci ricorda, con l'autorità del testimone e la vividezza del grande cronista, che già altre volte (ultima la guerra partigiana, così vicina e così preziosa) l'Italia fu sul punto di soccombere, ma gli italiani hanno saputo trovare in loro stessi la forza di salvarsi.
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Dettagli

2012
10 ottobre 2011
110 p., Brossura
9788807172212

Valutazioni e recensioni

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Benedetto La Padula
Recensioni: 3/5

Al momento, questo è l'ultimo libro edito di Giorgio Bocca, scomparso a Natale dell'anno scorso all'età di 91 anni. La prima idea che egli, citando il sociologo De Rita, ci invita a non accettare è il consumismo ossessivo della gente che vuole l'eccezionale, il lussuoso e lo strano. Il consumismo che serve a compensare il lavoro, meno faticoso, ma più alienante che in passato. Nel mirino Berlusconi, Putin, Sarkozy, Lukascenko e tutti i "piccoli Cesari". Il lavoro è anche al centro della seconda idea da rifiutare: la produttività che insegue mode e consumi indotti. Nel mirino l'ad Fiat Sergio Marchionne e le delocalizzazioni delle fabbriche italiane in altri paesi. Terza idea è la comunicazione, ridotta ormai a luoghi comuni e a un linguaggio poverissimo. Nel mirino è ancora Berlusconi, che comunica solo per vendere e per comprare. Poi vengono la speculazione finanziaria e la corruzione dilagante, colpa del neocapitalismo rampante, di banchieri e manager, come Lloyd Blankfein e Gary Cohn di Goldman Sachs oppure di Rick Wagoner di General Motors. Citando il sociologo Edgar Morin, viviamo con una bomba a scoppio ritardato nel nostro armadio. Additate ancora le responsabilità del Cavaliere e del suo partito del fare, a ogni costo e a ogni prezzo. Parafrasando Cartesio, "rubo dunque sono" è alla base della nuova filosofia criminale. La sesta idea che Bocca ci invita a non accettare è il vuoto di una informazione che sia comprensibile. L'ermetismo, l'oscurità, gli idiomi segreti delle ricchezze e del potere sono un portato inevitabile di rapporti sociali inconfessabili. Ne sono esponenti il dandy di Ro Ferrarese Vittorio Sgarbi, l'ex direttore, il vice direttore e l'editore del Giornale, rispettivamente Nicola Porro, Vittorio Feltri e Silvio Berlusconi. L'Italia è dunque senza speranza? No, c'è lo stellone. E questo è il settimo No, grazie. Ed è anche l'ennesima tirata nostalgica alla resistenza, che Bocca visse in prima persona 68 anni fa.

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Romolo Ricapito
Recensioni: 4/5

Un ottimo testamento concettuale Grazie No, l'ultimo saggio di Giorgio Bocca. Il grande giornalista ci offre uno spaccato critico dell'Italia di oggi, tra ruberie compiaciute e comunicazione malata. I furti ad alti livelli (finanza, politica) vengono equiparati alla disonestà del passato e a quando essere chiamati "ladri" era un vero insulto, contrariamente ad oggi, tempi nei quali ci si compiace di depredare i beni degli altri. Non mancano i riferimenti a Berlusconi, ma come sottofondo; il Cavaliere è il simbolo di un sistema moderno, che si fonda esclusivamente sul commercio e sull'immagine. Per il resto, si naviga attraversando tutte le contraddizioni del giorno d'oggi, tra politica inconsistente e computer collegati sul nulla. La scrittura è validissima e si ammira anche al di là dei concetti, sui quali si può non essere d'accordo. Il reportage è efficace, lucido, con qualche caduta di gusto quando si esasperano inutilmente i toni. Nell'attaccare i Misseri, Bocca critica anche la povera Sara. Dei talent show : celebrano corpi giovani per il voyeurismo e l'attaccamento alla pedofilia di un certo pubblico, al di là della qualità dei cantanti. L'attacco mi sembra fatto a programmi come X factor, Amici. Per Bocca, che nel finale parla della Resistenza, il mondo moderno è senza pudore mentre quello antico, quello dei contesti contadini e finanche tra i fiancheggiatori di terrorismo e criminalità del passato , c'era un'etica che oggi manca del tutto in tutti i campi. ROMOLO RICAPITO

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La recensione di IBS

Anche in Italia, il libretto di Stéphane Hessel Indignatevi! ha avuto un notevole successo: ma forse non c'era bisogno di andare in Francia a cercare un autore in grado di parlare come coscienza critica di un paese e di articolare un'analisi pungente e severa delle nostre condizioni attuali a partire dalle basi ideali della Resistenza al nazifascismo.
Giorgio Bocca è stato il testimone per eccellenza di quei valori fondanti e di un'attività instancabile di ricerca della verità: per questo il suo ultimo libro - uscito postumo - stigmatizza una serie di idee a cui ci siamo assuefatti e che invece dovrebbero farci sobbalzare, scuoterci dal torpore, farci reagire per cambiare. Per lui era così ed è questo il testamento morale che ci lascia. Dal mito della crescita infinita a quello della fine del lavoro, dall'inevitabilità della corruzione all'equivalenza tra fascisti e antifascisti, dall'incontrastato dominio sulle nostre vite della finanza e della tecnologia all'impoverimento della lingua e all'involgarimento dell'informazione. Un breve libro per illuminare la notte italiana e incenerire i falsi idoli e i luoghi comuni che ci propinano e vorrebbero farci accettare.
Giorgio Bocca non intendeva rassegnarsi, e in questo pamphlet alza la voce, come suo solito, per denunciare le scorciatoie del pensiero unico, a cui si deve rispondere con un sonoro e liberatorio: Grazie, no!
Qui Bocca tira le fila di un discorso lungo una vita intera, e punta l'indice sul cortocircuito che porta le "democrazie conformiste" ad essere - di fatto - democrazie reazionarie, e quindi a negare la propria stessa natura partecipativa.
Assieme alla "crescita folle", alla "lingua impura", al dominio della finanza e alla corruzione generale, Bocca prende in esame anche il deterioramento apparentemente inarrestabile della professione di cui è stato riconosciuto maestro, e alla quale ha dedicato l'intera esistenza. Il giornalismo non se la passa tanto bene, sostiene Bocca, e a riprova di questa sconfortante diagnosi cita la pervasività della disinformazione televisiva, la progressiva assimilazione fra il linguaggio del gossip e quello della cronaca, la diseducazione alla fruizione dell'informazione stessa, e il sensazionalismo, che nel suo generare rumore attorno a fatti di cronaca finisce per cancellare tutto ciò che preesiste a quella cronaca: le condizioni sociali e umane in cui ha potuto maturare un evento.
Infine, ma non ultimo in ordine di importanza, il libro di Bocca è pervaso da un sentimento patriottico a metà fra la disillusione e la fiducia: egli è stato - è vero - autore di alcune fra le pagine più critiche nei confronti del popolo cui appartiene, ma la sua vicenda di formazione, soprattutto, nelle fila dei partigiani, gli consente di guardare a quel che sarà con un margine di ottimismo.
Bocca ci ricorda, con l’autorità del testimone e la vividezza del grande cronista, che già altre volte (ultima la guerra partigiana, così vicina e così preziosa) l’Italia fu sul punto di soccombere, ma gli italiani hanno saputo trovare in loro stessi la forza di salvarsi. Imparando a dire dei no, troveremo la forza di andare ancora avanti, anche grazie a persone come lui.

A cura di Wuz.it

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Conosci l'autore

Giorgio Bocca

1920, Cuneo

Giornalista e scrittore italiano. Dopo aver partecipato attivamente alla lotta partigiana (Resistenza), iniziò a collaborare, già nel 1943, a 'Giustizia e libertà', scrivendo poi, con grande assiduità, sui più importanti quotidiani e settimanali italiani, tra cui «La Gazzetta del Popolo», «L'Europeo», «Il Giorno», «la Repubblica», «L'Espresso». Autore di scritti che si distinguono per una carica di amaro moralismo e di anticonformismo ideologico, ha segnato il dibattito politico e civile con volumi di saggi e inchieste quali Il terrorismo italiano (1978), Noi terroristi (1985), Il secolo sbagliato (1999). Un contributo importante, sia per il rigore documentario sia per la riflessione politica sono...

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