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Anno edizione: 2015
Anno edizione: 2005
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è questo il quarto volume di grande livello e respiro che Labanca dedica alle vicende del colonialismo italiano dopo In marcia verso Adua una rivisitazione critica della espansione italiana in Eritrea fine Ottocento (Einaudi 1993) Posti al sole. Diari e memorie di vita e di lavoro dalle colonie d'Africa una raccolta di testimonianze dei petits blancs i colonizzatori e coloni italiani di piccola fortuna (Museo storico della guerra di Rovereto 2001) e Oltremare. Storia dell'espansione coloniale italiana una grande storia d'insieme delle nostre colonie molto ricca di aperture e di indicazioni bibliografiche (il Mulino 2002). Da questi volumi (e dai molti altri suoi interventi come autore e curatore) emerge come Labanca affronti il colonialismo italiano su tre versanti: le ricerche negli archivi il ricupero della memoria dei protagonisti minori l'utilizzazione della storiografia internazionale essenzialmente in inglese. Quest'ultimo punto va proprio sottolineato. Il limite degli studi tradizionali sul colonialismo italiano è stato infatti il loro provincialismo. Labanca li inserisce ora in un contesto ben più ampio e critico.
Questo volume è dedicato allo studio della memoria della guerra d'Etiopia 1935-36. Una guerra che ebbe un successo straordinario. Gli studiosi concordano del resto nel ritenere che costituì il momento più alto del consenso al regime fascista seppure non così totalitario come dicono gli agiografi. Labanca ne studia uno degli aspetti essenziali la memoria edita i volumi dedicati alla guerra da reduci giornalisti combattenti e civili. Non è l'unico metro per valutare l'impatto e la continuità della propaganda sulla guerra negli anni successivi Hanno maggiore rilevanza pubblica giornali e riviste il cinema le manifestazioni celebrative. Tuttavia la memorialistica ha una caratteristica preziosa. E anche quando è inquadrata come questa lascia degli spazi individuali che nessuno aveva finora studiato.
Con lunghe e defatiganti ricerche nelle biblioteche Labanca ha rinvenuto circa duecento volumi editi entro il 1945 (non sono certamente tutti ma quasi tutti) e un centinaio pubblicati dopo il 1945. Su questi ragiona nel volume in esame. Non sono pochi se si pensa che nessuna delle campagne della guerra 1940-1943 ne annovera altrettanti neppure quella di Russia. Tuttavia questa rimane una memorialistica minore. Non ci sono volumi che lascino il segno per pregi letterari o per incisività di testimonianza. Nessuno di questi ebbe particolare diffusione salvo le memorie dei grandi capi Badoglio De Bono e Graziani peraltro di relativo interesse perché costruite come monumenti alla loro gloria personale. Si tratta di volumi giustamente dimenticati e che non hanno lasciato tracce nella memoria nazionale. Volumi comunque utili per lo studio del regime e della sua guerra.
La prima e molto interessante osservazione è che tutti questi volumi sono dedicati alla guerra 1935-1936 ossia si fermano alla conquista di Addis Abeba e alla proclamazione dell'impero nel maggio 1936. Pochi autori dicono qualcosa dei mesi seguenti prima del rimpatrio. Quelli che trattano degli anni successivi si contano sulle dita di una mano. In sostanza non esiste una memorialistica sull'impero e sugli anni 1936-1940 che pure videro lo sviluppo della presenza italiana in Etiopia le operazioni di repressione della resistenza abissina ma anche l'impianto di una società coloniale precaria certo e pur viva. Una forte riprova della cesura tra la guerra nazionale 1935-1936 con il suo grande successo di immagine e di consenso e la guerra coloniale successiva marcata da un drastico calo dell'interesse nazionale e dell'efficacia della propaganda. Anni di guerra dimenticati e poi rimossi. La vocazione imperiale dell'Italia di Mussolini aveva davvero il fiato corto se tra le molte diecine di migliaia di italiani dell'impero quasi nessuno volle rivendicare la sua esperienza.
Il volume di Labanca è diviso in due parti. Un primo capitolo di inquadramento poi altri tre duecento pagine sono dedicati all'analisi delle opere edite nel decennio 1935-1945. I successivi tre capitoli centoventi pagine trattano la produzione dal 1945 al 2005. La produzione del primo periodo quasi tutta edita a caldo dopo la fine delle operazioni di conquista presenta una forte omogeneità una piena adesione alla guerra di Mussolini e alla sua immagine. Gran parte della memorialistica delle due guerre mondiali nasce dall'esigenza dei reduci di raccontare la tragedia che hanno vissuto un'esperienza (condivisa o meno) così forte che deve essere testimoniata; con dubbi lacerazioni entusiasmi crisi e sempre con una forte impronta personale. Nella guerra d'Etiopia manca la tragedia manca il dramma del combattente che ha visto morire i compagni. Ci sono difficoltà fatica privazioni stanchezza non mai dubbi o crisi. Era una guerra dura ma sicura garantita. Come dice Labanca i reduci scrivono per partecipare alla vittoria al clima trionfale. I racconti hanno spesso un taglio goliardico andare a bombardare gli abissini è un'avventura divertente. E nel clima di esaltazione imperiale non dev'essere difficile trovare un editore e pubblicarli.
Ed ecco un'altra osservazione di Labanca. I reduci non sono tenuti al mito dell'italiano buono si sentono conquistatori e padroni verso gli abissini hanno sentimenti che vanno dal disprezzo al distacco non li considerano persone. Non hanno problemi nel raccontare rapine incendi e devastazioni. Salvo poi rimuovere gli aspetti peggiori della guerra le operazioni di polizia per il controllo delle retrovie le fucilazioni i gas. Anche gli ascari hanno poco spazio nella memorialistica. Razzismo e autocensura sono comportamenti interiorizzati.
Una memorialistica fortemente inquadrata che però offre una notevole ricchezza di notizie e spunti minori. Ben poco che contrasti il quadro generale piuttosto una sua articolazione in particolari concreti e vissuti. Dei conquistatori dell'Etiopia sappiamo in sostanza assai poco. Soltanto il volume di Del Boca La conquista dell'impero (Laterza 1979) dà ai protagonisti minori uno spazio che non hanno nei miei studi sulle operazioni né nella recente relazione dell'Ufficio storico dell'esercito. L'analisi che compie Labanca ce ne restituisce invece una visione più articolata e vivace. Prima la presentazione delle molte categorie di conquistatori dai fanti alla milizia dall'aviazione agli operai militarizzati dagli ufficiali a medici e cappellani. Sotto l'omogeneità obbligata emergono diversità di approcci e reazioni interessanti. Poi con un taglio trasversale vi sono i miti e i comportamenti più diffusi. Duecento volumi sono certo una fonte insufficiente per studiare il mezzo milione di italiani in Etiopia ma sono comunque utili. I protagonisti acquistano concretezza. Labanca documenta il forte senso di superiorità e sicurezza che li pervadeva il razzismo costante nei rapporti con gli abissini l'ignoranza e il disinteresse verso la loro civiltà e le donne. Molti sono sensibili ai forti contrasti del paesaggio e ne avvertono il fascino ma soltanto una minoranza ha il senso della frontiera dell'avventura. L'epica della fondazione di una colonia nuova in fondo appartiene a pochi per i più l'Africa è una parentesi aspettano il rimpatrio. è una conquista coloniale improvvisata e precaria anche sul terreno dei miti e dei ricordi.
La seconda parte del volume l'analisi del centinaio di volumi editi dopo il 1945 affronta un discorso diverso e in buona parte nuovo. Il punto di partenza è la cancellazione dalla coscienza nazionale della memoria della guerra d'Etiopia e dell'impero per ragioni abbastanza ovvie: è una parentesi breve difficile da rivendicare e sopravanzata dalla tragedia autentica della guerra mondiale. Una rimozione che coinvolge le istituzioni (Labanca ricorda il disastroso trattamento degli archivi coloniali) e la ricerca storica. Gli studiosi coloniali si fermano alle vicende di fine Ottocento e anche i nuovi storici del fascismo poco o nulla sono disposti a occuparsi delle sue guerre africane. Vi è poi il ruolo di Del Boca un apripista a lungo isolato.
La memorialistica degli ultimi decenni è ormai una produzione di nicchia (con poche eccezioni) destinata ai reduci e tra i reduci soprattutto diffusa. Una memoria in tono minore in chiave di nostalgia più che di rivendicazione. è significativo che gli ascari quasi dimenticati negli anni dell'impero bianco e fascista riacquistino in queste memorie un ruolo importante. Diventano i nostri fedeli ascari a prova del radicamento e del carattere umano del nostro colonialismo. Ancora italiani brava gente un mito che ritorna ora anche per l'Etiopia.
Giorgio Rochat
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