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Ancora lo sto leggendo,ma mi affascina molto la narrativa.
Con lo spessore solito dell'autore, la vicenda di Guglielmo permette di descrivere (potrei dire di "vivere") l'epopea della cavalleria del XII secolo. Il tutto viene fatto in maniera approfondita, chiara ed anche piacevole. Pur non essendo un romanzo, che personalmente trovo tendenziamente più accattivante grazie allo scorrere della trama, il libro di Duby si legge tutto di un fiato percorrendo le vicende dei tornei, dei rapporti con i potenti e i modi in uso finanche nei funerali dei potenti del tempo. Davvero un bel libro, imperdibile per gli appassionati del Medioevo.
Le epoche di transizione - per me, ma credo per molti - hanno un fascino particolare. Lo stesso vale per i cosiddetti non-luoghi, ma questo è un altro discorso. Da un lato spaventano, perché mettono di fronte al tramonto di valori e usanze che molti ritenevano perenni, dall'altro entusiasmano specialmente chi ha tempo di vivere il futuro che si sta configurando. La ricostruzione della lunga vita di Guglielmo il Maresciallo operata con mano sicura e con stile accattivante dal grande storico francese Georges Duby è in realtà il pretesto per rendere omaggio (e l'espressione non è casuale...) a un'epoca che se stava andando - quella cavalleresca - quando il protagonista del libro, partito da origini relativamente umili, diventato cavaliere ed entrato nella stanza dei bottoni del Regno d'Inghilterra sul finire della propria esistenza, stava per morire. Il saggio si articola in cinque parti. Nella prima - a mio avviso magistrale - lo storico ricostruisce come in presa diretta le ultime fasi della vita di Guglielmo, che fa della propria morte una sorta di grande spettacolo edificante e fortemente ritualizzato. Nella seconda si dà conto della principale fonte seguita dallo storico, ovvero il poema celebrativo delle gesta di Guglielmo redatto dopo la sua morte e giunto avventurosamente sino a noi. Nella terza trova spazio la narrazione della giovinezza del protagonista, ciò che consente la spiegazione del cerimoniale di investitura a cavaliere. Nella quarta - per me illuminante - ci si sofferma sui tornei e sulle guerre combattute dal grande cavaliere. Nella quinta viene raccontata la parte decisiva della carriera di Guglielmo, dal ricco matrimonio all'assunzione in tarda età del ruolo di reggente al trono inglese. "Poteva pacificamente andare incontro alla morte, con la fiducia di essere stato lo strumento dell'ultimo, fuggevolissimo, anacronistico trionfo dell'onore sul danaro, della lealtà sullo stato; di aver portato la cavalleria alla sua più alta espressione." (p. 192)
Recensioni
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(scheda pubblicata per l'edizione del 1985)
scheda di Tarpino, A., L'Indice 1985, n. 9
Attraverso le vicende di Guglielmo il Maresciallo, vissuto in Inghilterra tra il XII e l'inizio del XIII secolo e divenuto reggente di Enrico III Plantageneto, Duby compone un nuovo spettacolare affresco sulla società medievale. Al centro dell'indagine è qui il mondo normativo ed etico della cavalleria, ricostruito sul filo di un montaggio scenico, dalla "principesca morte" del protagonista alle azioni guerresche da lui condotte e poi, procedendo all'inverso, sino ai primi riti di iniziazione alle regole dell'universo cortese, ai meccanismi, infine, di cooptazione del giovane cadetto. E l'avventura del cavaliere si snoda lungo il tracciato di un documento eccezionale: la "Chanson de geste" composta a memoria delle imprese del Maresciallo. Dietro alle pieghe di un percorso individuale emerge tuttavia costantemente, secondo i caratteri propri delle "biografie sociali" di Duby, il serrato tessuto delle relazioni e delle solidarietà interne al corpo della società.
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