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l'opera di strozier è apprezzabile in quanto ricostruisce una biografia scientifica con rigore documentale e spiega la storia e le scelte di uno scienziato costretto per questioni razziali a battersi contro una società nazificata e quindi imbestialita. In questo senso l'opera è pregevole perchè rende con una plasticità da vero biografo l'ambiente mitteleuropeo del tempo e il merito va allo storico, non all'esame scientifico ed epistemologico dell'opera dell'autore. La questione cambia infatti su questo secondo piano, che manca del tutto in quanto il libro non affronta mai la teoria di Kohut o se lo fa ciò avviene con la superficialità della cronaca storica non dell'analisi scientifica del suo metodo. Il punto è proprio questo: il libro funziona sul piano biografico, ma non assicura altrettale congruenza sul piano scientifico in quanto non viene sufficientemente individuato e descritto il limite della opera di Kohut. Tale limite si rileva in due punti della sua ricerca: 1)la iscrizione permanente della sua opera nell'ambito freudiano classico 2)la proposta di un criterio ermeneutico centrale (l'empatia) come regola di intelligenza e intervento psicoanalitico, criterio che in realtà non vanta nè fondatezza nè rigore scientifico. Si vuol dire cioè che la teoria di Kohut, ad eccezione di occasionali e valide scoperte di metodo, non spiega e non è in grado di chiarire la Legge del disordine mentale nè di indicarne con sufficiente consapevolezza le regole di evento e di intelligenza. Resta quindi un lavoro scientifico ordinario pragmatico e sostanzialmente clinico e non perviene mai ad una teorizzazione rigorosa e in forma di Legge scientifica della diseconomia nella intelligenza psicotica. L'opera di Kohut serve per corollari e chiose puntuali dell'opera del maestro Freud, ma non costituisce quindi nè un metodo teorico autonomo e sufficiente per l'avvio del lavoro analitico nè un backgronud completo per la nuova formulazione di una originale teoria della psicoanalisi.
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