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Film per ragazzi con tributo al cinema. L'impasto è un po' particolare. Il film è graficamente piacevole ma, andando aldilà dell'aspetto, un po' povero.
Bel film , bella anche la storia un po' romanzata del regista Méliès.
Dopo decenni di onoratissimo servizio, Martin Scorsese ci consegna uno dei suoi film più personali e ambiziosi, scucendo di tasca altrui un budget imponente di 160 milioni di dollari. Il regista italo americano realizza un omaggio di straordinaria intensità visiva e sentimentale, un film che unisce la bellezza genuina e l’estro geniale del cinema delle origini alla magia levigata e perfettamente consapevole del cinema contemporaneo. 1931. L'orfano Hugo Cabret vive nel suo nascondiglio segreto all'interno della stazione di Parigi. L’incontro con un vecchio giocattolaio scontroso e la sua intrepida figlioccia trascinerà Hugo in un’avventura fantasmagorica, un viaggio a ritroso nelle origini del cinema, seguendo le traiettorie di un regista colto, che riesce nell’impresa di riportare in vita il padre del cinema d’invenzione, George Meliès. Non solo un artista sublime, ma anche un uomo dolce e sfortunato, caduto in un deprimente oblio e costretto a ritrovare se stesso, il suo genio e il suo pubblico. Il regista di Taxi Driver si merita stavolta il complimento sommo: il ritmo della narrazione è disteso, la fotografia infonde un tono spesso freddo e inquieto, per poi aprirsi ai colori più caldi e la ricostruzione scenografica della Parigi degli anni ’30 è a dir poco perfetta. Siamo quindi di fronte a un'opera che, pur intrisa di tecnologia, emana il sapore antico delle storie che affascinano; un invito a immergersi nella magia del cinema e a lasciarsene risucchiare senza timore di perdersi nei suoi mille ingranaggi.
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