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Non avevo mai letto alcun libro di Guccini, ed ho letto volentieri questo: almeno adesso posso pensare con maggiore cognizione di causa che non so se ne leggerò altri. Non mi sono lasciata influenzare dal fatto che le sue canzoni non mi hanno mai favorevolmente colpita. Non mi sono fatta condizionare dalla delusione conseguente al fatto che il primo racconto mi è piaciuto abbastanza da far presagire che anche gli altri avrebbero avuto un quid di interessante (mentre è l’unico che salverei in tutta la raccolta). Non ho lasciato che la “maestrina dalla penna rossa” che alberga talvolta in me prendesse il sopravvento (ora, dopo aver controllato nel vocabolario on line degli Accademici della crusca ed aver ottenuto zero occorrenze, posso sostenere a ragion veduta che il verbo “benvenivano” non esiste, ma pur lasciando impregiudicata la questione dell’opportunità della licenza poetica, fin da subito ho pensato che il ricorso al neologismo dovrebbe almeno fondarsi sull’eufonia – e se non ci sono, come in questo caso, ragioni ostative come la metrica o altro, perché non scrivere semplicemente “davano il benvenuto” ?-). Non sono caduta nella trappola (come altrimenti definire una costruzione che fin dall’inizio ho percepito come artificiosa e prevedibile) della commozione che l’ultimo racconto voleva forzosamente indurre, con il suo occhieggiare manifesto a “Il piccolo principe”. Non trovo altri commenti sensati che possano essere espressi senza che questa mia recensione finisca per risultare un vacuo inanellarsi di proposizioni negative, quindi mi fermo qua, e concludo con una nota soggettiva che stemperi il tono delle mie parole: in definitiva, avevo appena terminato di leggere una raccolta di racconti di gran lunga più impegnativa e gratificante (Mentre le donne dormono - Javier Marìas) e “Icaro” ha sì risentito negativamente del confronto ma mi ha fatto trascorrere due calde ore estive che il mood da fine vacanze non mi avrebbe consentito di impiegare diversamente.
Libro del cantautore Guccini che è composto da sette racconti e il cui titolo rimanda al settimo e conclusivo racconto. I racconti sono brevi e non si caratterizzano per la bellezza e la vivacità della narrazione ad eccezione del racconto "La scimmia" dove il riso ironico cede il passo al riso spontaneo e alla beffa. Questo libro lo regalai per il Natale 2009 a mio fratello. Oggi, alla ricerca di una lettura breve, l'ho scelto dallo scaffale. Ho trovato, però, le scene di vita dei sette protagonisti sfuggenti, poco vivide e poco immaginifiche. I finali dei racconti, per lo più, sono ovvi e non riescono a chiudere con soddisfazione la narrazione di una piccola e particolare scena di vita (che spazia dal "Gnuri" siciliano, ai partigiani dell'Appennino, ai pensionati al bar "smossi" dalla partita Bolivia-Argentina, al w-e a Capocabana sconvolto da un furto in casa, alla ricerca di pezzi in una discarica per cadere come Icaro).L'ironia caratterizza alcuni racconti, ma è fin troppo sottile che non riesce ad accompagnare con serenità e coinvolgimento il lettore.
E' un vero gioiellino, di quelli che magari non sono appariscenti ma che lasciano il segno. Ironia, malinconia, impegno civile: tutto il Guccini si manifesta in questo libro di racconti. Bellissimo il racconto "La scimmia", col finale ironico e spiazzante. Un'ultima osservazione: di solito siamo portati a magnificare i romanzi di centinaia di pagine e a snobbare i racconti, soprattutto quelli brevi. E' un errore, che all'estero non commento: nel racconto breve, "istantaneo", il grande scrittore condensa tutta la sua bravura, riuscendo a sintetizzare con efficacia quello che vuole comunicare. Francesco Guccini, con "Icaro", ci è riuscito appieno.
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