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Vorrei iniziare questa mia riflessione citando una frase che ricorre spesso nel libro soprattutto verso la fine della storia che dice che la verità bisogna cercarla nel cuore degli uomini, perchè è solo lì che possiamo trovarla. E' padre Antonio Giardelli a pronunciare questa frase, che si dimostrerà alla fine rivelatrice di un mistero, fulcro di tutta la vicenda. Devo dire che non mi aspettavo minimamente di rimanere così colpita e piacevolmente sorpresa nel leggere questo libro. E neanche di poter ritrovare in esso un'atmosfera che più che ricordarmi "Il nome della rosa" (come ho spesso letto), mi ha evocato un pò le vicissitudini e la fanatica ricerca della Verità de "Il pendolo di Faucoult" di Umberto Eco. Non si dovrebbe mai commettere l'errore (se di errore si può parlare) di paragonare un' opera sì profonda e completa quale quella di Bettini con un'altra che non lo è da meno, ma in quest'opera di grande ricerca e di ricorso storico, di diverso dai romanzi dotti ed eruditi di Umberto Eco c'è forse una fluidità di linguaggio maggiore. In Umberto Eco ci si scontra spesso con vocaboli che forse incontreremo una sola volta nella vita e con ragionamenti a volte machiavellici al punto da darci la possibilità, alla fine del romanzo, di esprimere la nostra ammirazione con una standing ovation come se fossimo a teatro. Di Maurizio Bettini sconoscevo il nome, ma ricordavo il titolo dell'opera. Un titolo che mi aveva sempre incuriosito per l'eleganza dell'accostamento delle parole cuore ed Eccellenza. Questa figura che non compare mai fisicamente nel romanzo ma che rappresenta il motore che muove le fila di questo birbone di un Renzo Braces che tutto è tranne un burattino. Una sorta di scaltro Baudolino che pur di arrivare alla Verità le pensa tutte raggiungendo alla fine lo scopo prefissato. Questo è un bellissimo romanzo. Un romanzo scritto bene, in un modo semplice, un romanzo che ti fa viaggiare con la mente alle volte dell'Alta California e ti fa conoscere i nativi, gli indiani, i loro costumi, il
Romanzo storico notevole, paragonato dalla critica a "Il nome della rosa". Personalmente lo ritengo superiore, sia per la maggiore difficoltà di costruzione rispetto al clichè clerico-medievale di Eco, sia per il coinvolgimento emotivo e per il più largo respiro che regala al lettore. Personaggi straordinari, grande precisione storica, contrapposizione di due mondi e due scuole di pensiero, posizioni gesuite e illuministe...Un libro che ci insegna tanto, ma soprattutto ci fa riflettere sulla storia che abbiamo costruito,che torna prepotentemente a presentarci il conto.
Con l'artificio di un dispaccio ad una misteriosa "Eccellenza", Bettini mette in scena un avvincente racconto in prima persona, scritto da un brigante di pochi scrupoli, ed elucubratissime finzioni, il chirurgo-barbiere Enzo Braces. Ma la trama basta leggerla da qualche parte qui sopra. Quello che brilla come un cupo rubino è il modo magistrale di descrivere una mentalità ed un'epoca. Il riferimento alle missioni gesuite in Paraguay richiama immediatamente il coinvolgente film "Mission". Un infamante segreto potrebbe minare una potente monarchia, e padre Giardelli ne è (forse) il custode fuggitivo. Il mortale pericolo che da più parti incombe sull'ex gesuita, è ciò che gli permette, in ultima analisi, di compiere finalmente e definitivamente la sua missione. Ed un embrione di speranza nasce anche per gli oppressi ed incompresi indigeni, di cui così bene Braces ci offre una visione in linea con la mentalità e la morale dell'epoca coloniale.
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