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Delusione
Quaesta piccola raccolta di racconti di Heym sono piccoli preziosi capolavori, per stile letterario, caratterizzazione psicologica dei personaggi e ricostruzione storica. Ogni racconto é un lucido e affascianante scorcio di vite concrete e reali nella cornice storica della Germania dalla seconda guerra mondiale fino alla RDT. Fortemente consigliato.
Veramente da non perdere questa raccolta di brevi racconti: anche per chi non ama il genere. L’asciuttezza dello stile, la profondità delle storie e la cura dei dettagli psicologici e ambientali, il tutto condito da un bel po’ di sano cinismo, fanno di questo lavoro qualcosa che resta “addosso” al lettore a lungo. Delle nove storie, almeno tre indimenticabili, anche se è difficile stilare una graduatoria. Leggetelo e fatelo leggere…
Recensioni
La piccola editoria è spesso coraggiosa. Investe in un autore in cui crede, anche se non è di moda. Cerca voci forti, "lapilli", come s'intitola la collana di Marlin. È il caso di Heym, autore tedesco scomparso nel 2001, noto più nel mondo anglosassone che in Italia. La sua esistenza, un romanzo. Ebreo, scappa a vent'anni dalla Germania nazista e ripara a Chicago dove studia, fa il lavapiatti e poi il redattore di un settimanale in lingua tedesca. Hostages è il suo primo romanzo di successo. Scritto in inglese, protagonista la resistenza praghese, a Hollywood ne caveranno un film. Nel 1944 torna in Europa con la divisa dell'esercito americano, dopo la guerra entra nella redazione della "Neue Zeitung" ma si rifiuta di scrivere un articolo antisovietico ed è licenziato. Passa nella Ddr, dove viene prima premiato, poi tollerato molti suoi testi usciranno solo in Occidente, sia in inglese che in tedesco e infine con il "caso Biermann" espulso come tanti intellettuali dall'Unione degli scrittori. Eppure resta comunista, come tanti. Fino a candidarsi dopo il 1989 nella Pds e a sbattagliare con Schröder contro la missione tedesca in Afghanistan.
Questi racconti parlano del suo mondo, del secolo che abbiamo alle spalle. Nella costante autobiografica il lettore sente l'autenticità dell'esperienza diretta. Sente anche lo sguardo del "sopravvissuto" che nel 1945 affronta la drammatica domanda del sottotenente americano: "Perché avete fatto tutto questo, voi tedeschi? Non lo sapevate?". Lo sapevano tutti, scrive Heym, ma la risposta è messa in bocca a un resistente mancato, uno che salva la pelle perché al momento di agire se la fa sotto. Questa è la prosa di Heym: scattante nell'incipit, precisa nel dettaglio realistico, mira alla complessità della riflessione giocando sul punto di vista. Lo scopo finale è la Bildung ideologica del lettore, non esente, diciamolo, da qualche lungaggine. Ma c'è anche una sapida ironia, come nel goffo palleggio della burocrazia statunitense di stanza a Monaco che nel 1945 si vede recapitare l'intero schedario di sette milioni di nazisti. Che farne? Fa caldo e i vertici militari sono sui monti della Baviera. Disinteresse o incompetenza riaffiora qui la critica ai "crociati" statunitensi già evidente nel romanzo del 1948 The Crusaders.
Su nove racconti, scelti dall'edizione Bertelsmann del 1984, sei narrano di una Germania divisa in cui la contrapposizione ideologica attraversa le famiglie. Quel pazzo di mio fratello è un piccolo epos domestico: chi parla è un commerciante che ha scelto il comodo lusso dell'Occidente e non si capacita di come il fratello un fisico nucleare possa vivere a Est, recluso nella sua austera specola scientifica, in lotta strenua per l'avvento di un mondo migliore. Heym ha condiviso lo sforzo di quegli anni, quel comunismo lui se l'è vissuto addosso e ne ha visto lo slancio ideale ma anche le distorsioni. Un ottimo secondo è centrato sulla figura di un valente ingegnere emarginato da un melenso burocrate di partito la fisionomia è quella del ratto famelico che sbandierando le sue origini proletarie s'insedia a far carriera nella greppia dei rapporti internazionali. La dogmatica mediocrità dell'apparato da una parte, il nativo ossequio per il cappio dei divieti dall'altra, ecco gli elementi ricorrenti della coraggiosa critica di Heym. C'è anche una pietas per la sofferenza innocente, per i personaggi colti nell'affanno quotidiano, come la vedova, fedele compagna di partito, licenziata perché il figlio adolescente ha trovato un pertugio nel muro di Berlino (Il mio Richard). Sono poveri diavoli che tentano con tutte le forze di vincere la vita. Vincere? Frugando nella cenere, Heym ha tentato nel 1989 di riattizzare l'ideale comunitario per il quale si era sempre battuto: credeva come Günter Grass e Christa Wolf nella possibilità di una riforma interna della Germania orientale. Ma già l'anno successivo il titolo di un suo saggio segnala la caduta delle illusioni: Mercoledì delle ceneri nella ddr. Voce limpida e coraggiosa, Heym ha costeggiato le vicende della riunificazione con una serie di racconti (Costruito sulla sabbia, Lucarini, 1991). Fino all'ultimo romanzo, Pargfrider,si è confrontato come in questi racconti con il problema del potere. Il perché lo ha detto lui stesso: "Sono rimasto un critico del regime, non io sono cambiato, bensì il regime".
Anna Chiarloni
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