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Se si scorre l'elenco dei fondatori e promotori di "L'Azione", settimanale fondato il 10 maggio del 1914 a Milano, si trovano nazionalisti democratici delusi dall'Ani (Associazione nazionalista italiana), ormai lanciata verso una deriva dichiaratamente reazionaria, come Paolo Arcari, un folto gruppo di giovani liberali come Alberto Caroncini e Giovanni Borelli, poi firme famose del giornalismo italiano come Giovanni Amendola e Giuseppe Antonio Borgese, il giovane Dino Grandi, e Gioacchino Volpe, ma anche Giovanni Boine. Nell'immediato futuro alcuni di questi diventeranno teorizzatori, o almeno aperti sostenitori, del regime fascista. Alcuni diventeranno invece antifascisti. L'autrice affronta in modo sistematico le due anime della rivista (la nazionale, la liberale) e il nuovo oggetto che ne emerge, vale a dire un nazionalismo arricchito dei principi imprescindibili del liberalismo e privato degli aspetti più reazionari. Il percorso biografico e culturale del direttore Arcari e del condirettore Caroncini prende forma con l'ausilio di materiali inediti, e nel complesso lo studio ha il merito di analizzare le singole posizioni di chi vi pubblica, riportandole al contesto turbolento degli anni che precedono il conflitto. "L'Azione", continuando la strada aperta da "La Voce" di Prezzolini, concentra del resto la riflessione sulle caratteristiche della classe dirigente, sul valore della guerra come "farmaco" e sulla crisi delle élite di fronte alla società di massa, ritagliandosi un suo spazio significativo. Forte e dibattuto è l'impegno per l'interventismo. Arricchisce e approfondisce lo studio una rappresentativa selezione di articoli.
Enrica Bricchetto
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