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Fino alla prima metà degli anni ottanta la vicenda dei militari italiani deportati dopo l'8 settembre 1943 dai tedeschi era ai più sconosciuta o trattata come un dettaglio secondario in quell'immenso mattatoio che fu la guerra. Un numero che è ancora incerto, ma superiore ai 650.000, tra cui 30.000 ufficiali e duecento generali, fu inviato nei lager costruiti dalla Germania di Hitler. Si trattava degli Imi, gli internati militari italiani, una categoria anodina, priva di valore giuridico, con la quale Berlino definiva quanti non volevano "collaborare" con le autorità naziste attraverso l'adesione alla Repubblica di Salò. Le vicende di questo novero di oppositori silenziosi, destinati a una prigionia durissima, hanno faticato ad affermarsi nella memoria collettiva a causa della peculiarità della loro storia. Figli e figliastri della catastrofe ingenerata dalla tragica gestione dell'armistizio per parte delle autorità italiane, hanno pagato il conto della calcolata indifferenza istituzionale, che li ha doppiamente offesi, prima come vittime innocenti, poi come destinatari di una imbarazzata indifferenza. Il libro curato da Avagliano e Palmieri ne ricostruisce e racconta la vicenda attraverso le centinaia di lettere e diari scritti nei lager in quei giorni. Si tratta di una documentazione perlopiù inedita, relegata agli archivi privati, di famiglia, o pubblici. Il volume raccoglie il copioso materiale, selezionandone i contenuti in nove capitoli, dal viaggio in tradotta verso i lager al ritorno a casa dei sopravvissuti, con un'appendice di foto e disegni. Così facendo ci aiuta a ricostruire la peculiarità storica dell'esperienza degli Imi, ma anche il suo significato umano, offrendoci un importantissimo spaccato dell'Italia popolare di quegli anni.
Claudio Vercelli
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