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recensione di Casalegno, P., L'Indice 1994, n. 7
(recensione pubblicata per l'edizione del 1994)
Gottlob Frege appartiene al novero (in fondo eseguo) dei geni ignorati in vita e destinati a una gloria soltanto postuma. Quando muore - nel 1925, all'età di settantasette anni -, è non un completo sconosciuto, ma quasi. L'indifferenza della comunità scientifica nei confronti della sua opera era sempre stato il suo cruccio. Non erano mancati per la verità, alcuni estimatori illustri: primi fra tutti, Bertrand Russell e Ludwig Wittgenstein. Ma Russell era anche colui che, con la scoperta di una celebre antinomia, aveva mandato a monte il progetto cui Frege aveva dedicato le sue energie migliori (il progetto, cioè, di una completa riduzione dell'aritmetica alla logica), ed è perciò dubbio che Frege nutrisse per lui solo sentimenti di incontaminata gratitudine. Quanto a Wittgenstein, Frege si sarà certo compiaciuto della sua deferente ammirazione; tra i due, però, c'erano quarantuno anni di differenza, e chissà se Frege avrà capito davvero con chi aveva a che fare. Da alcune lettere scoperte di recente si ricava l'impressione che per Frege Wittgenstein non fosse, in definitiva, che un giovanotto intelligente e di sani principi ma un po' presuntuoso e totalmente incapace di esporre le proprie idee in modo comprensibile.
Comunque, grazie a Russell e a Wittgenstein, il nome di Frege comincia a circolare, e ha così inizio quel processo di rivalutazione che condurrà, nel giro di qualche decennio, al pieno riconoscimento dei suoi meriti. Oggi Frege è considerato da tutti il fondatore della logica contemporanea, ed è uno degli autori più citati e discussi dai filosofi del linguaggio. Qualche filosofo analitico ritiene addirittura che la sua importanza, nella storia del pensiero, sia paragonabile a quella di Cartesio: se con Cartesio aveva assunto centralità il problema gnoseologico, con Frege - ci si dice - si compie quella "svolta linguistica" in seguito alla quale il problema filosofico fondamentale diventa il problema del significato.
Nel corso degli ultimi decenni (e soprattutto a partire dagli anni settanta) gli studi su Frege hanno prodotto una letteratura vastissima. Ma di lavori che espongano la sua opera in modo accessibile e ragionevolmente completo ce ne sono pochi, e tra i pochi non saprei citarne uno migliore di questo di Mauro Mariani. Il libro di Mariani è costruito secondo lo schema, ben collaudato, comune a tutti i volumi della serie "I Filosofi": una presentazione dettagliata del pensiero dell'autore trattato, una cronologia, una breve storia della critica e una bibliografia. Qui la prima parte, quella più consistente, è suddivisa in tre capitoli. C'è, anzitutto, un capitolo dedicato all'"Ideografia", il libro pubblicato da Frege nel 1879 in cui viene presentato un linguaggio artificiale che è il prototipo dei linguaggi formali tuttora usati dai logici, e che contiene inoltre la prima assiomatizzazione completa della cosiddetta logica del primo ordine. Più che sufficiente per assicurare a Frege fama imperitura. Ma per Frege i risultati conseguiti nell'"Ideografia" erano solo il primo passo verso la realizzazione dell'ambizioso progetto al quale già si è fatto cenno: la riduzione dell'aritmetica alla logica. Il passo ulteriore (e, secondo i suoi intenti, decisivo) Frege lo compie con la pubblicazione, nel 1884, dei "Fondamenti dell'aritmetica". Di questo testo - un classico delta letteratura filosofica e scientifica - Mariani offre un'accurata analisi nel secondo capitolo (una ricostruzione così illuminante di come Frege arrivi a definire il concetto di numero naturale si cercherebbe invano altrove). Il terzo capitolo, infine, è dedicato ai "Principi dell'aritmetica" - che sarebbero stati il coronamento di tutta l'opera di Frege se non fosse arrivato Russell, con la sua antinomia, a guastare la festa - e alle dottrine semantiche formulate nel celebre articolo "Senso e riferimento". Queste dottrine semantiche sono oggi molto discusse, e qualche lettore si sorprenderà forse del fatto che Mariani, pur trattandone a fondo, conceda ad esse uno spazio relativamente limitato. Ma è lo spazio che ad esse dedica Frege. Mariani, a quanto pare, ritiene che l'opera di Frege sia abbastanza interessante da non richiedere, da parte di chi la espone, un'enfatizzazione a tutti i costi degli aspetti giudicati più attuali.
Chiarezza, sobrietà, precisione nei dettagli sono le qualità più evidenti del libro. Anche nodi esegetici parecchio ingarbugliati vengono sciolti con mano sicura, e il filo dell'esposizione è irrobustito da molte annotazioni interessanti (ad esempio, certi riferimenti storici ad Aristotele, alla logica medievale, a Kant sono tutt'altro che banali). La sezione intitolata "Storia della critica" comportava un rischio: quello di farne una cronaca - superconcentrata e quindi illeggibile - delle vicende di buona parte della filosofia analitica contemporanea. Mariani ha compiuto scelte drastiche: ha isolato un piccolo numero di autori e di testi, e li ha discussi con una certa ampiezza. Trapelano qua e là umori polemici, ma prevale uno stile argomentativo limpido e pacato.
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