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Una tela di silenzi e luce, in cui la poetessa si fa filo candido e ago da ricamo. Se dovessi darle un colore sarebbe il bianco perché come la neve, la poesia di Michela sa farsi silenziosa preghiera che riveste di purezza tutto ciò che tocca: “parole che vorrebbero crollarti come una preghiera nel petto”. Questo libro di poesie, edito da Ladolfi, mi ha conquistato già per il formato e la veste grafica, commuovendomi alla prima lettura, , per poi sorprendermi alla successiva, perché ho colto il motivo, l'urgenza di questa trama poetica. Un ordito delicato come i silenzi e penetrante come la luce che si dipana su un sistema binario, costituito appunto da silenzi e luce. In ogni pagina ricorrono uno o entrambi di questi termini a costituire il karma di un amore che non ha bisogno di parole..”Rivoglio indietro i tuoi silenzi..” e ancora “Non posso perdere la luce che ci siamo scambiati come api sui fiori.” “Pensavo a quanta luce in espansione trovo nei tuoi occhi.” Un amore che si arrende agli sguardi sa di quanto silenzio ci sia bisogno per far sgorgare la luce. Guardami come solo tu sai fare scavandomi l'iride e coricando il tuo silenzio tra le mie palpebre. Dacia Maraini nella prefazione sostiene che bandito ogni realismo, è solo il suono delle parole a svelare il loro significato più nascosto, più segreto. Se fosse uno strumento musicale, paragonerei la poesia di Michela al suono argentino del triangolo, a cui l'associo per la delicatezza e la decisione dell'enunciato. Luce e silenzi, ma anche occhi e labbra e mani a definire l'istinto altrove, quello che ci riporta a vivere, anche dopo un grande dolore. Si legga ad esempio l’incipit della bellissima poesia Sono fatta di carne e silenzio Sono fatta di carne e silenzio/nuvole sciolte e tormento. Vi è nei suoi versi e pare un ossimoro, un’eterea materialità, un attaccamento al corpo, alla terra,ai luoghi dove l’orizzonte ha il colore di un ritorno, c’è l’attaccamento viscerale alle mani e agli occhi dell’amato...
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