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Anno edizione: 2018
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Il superamento della struttura e dell'ideologia manicomiale. Una rivoluzione psichiatrica attuata attraverso gli artefici, le loro paure e preoccupazioni. Il malato non più oggetto ma essere e ingranaggio della trasformazione. Assolutamente da leggere come cultura individuale.
Il clima socio-politico della contestazione totale del ‘68 ha prodotto significativi mutamenti nell’orientamento culturale dell’opinione pubblica. Uno di questi cambiamenti fu, dieci anni più tardi, la Legge 180 sull’assistenza psichiatrica in Italia. E’ possibile affermare che la Legge Basaglia è stata una rivoluzione che in nessun’altra parte del mondo ha trovato riscontri e di fatto ha modificato profondamente la cura della malattia mentale sino ad allora praticata negli ospedali psichiatrici o nelle cliniche private per i più abbienti. Aprire i reparti dove sino ad allora erano contenuti migliaia di persone che, per il fatto di aver ricevuto un’etichetta e una stigmatizzazione che sarebbe durata per la loro intera vita, fu il risultato di discussioni e assemblee aperte anche agli stessi pazienti. L’istituzione negata racconta l’esperienza di Franco Basaglia direttore dell’OP di Gorizia e dei suoi collaboratori, i quali partendo dalla riflessione del ruolo dello psichiatra nella società, giunsero alla conclusione che la sua funzione era quella di esercitare la violenza e la repressione su altri esseri umani, considerati dal potere istituzionale, i reietti, persone che agli occhi della cosiddetta normalità erano dal tenere in disparte. Il manicomio rappresentava pertanto il luogo del sopruso, dell’arbitrio e della soppressione della dignità umana. Basaglia aveva intuito che il disagio psichico non era solo una questione organica, ma il concatenarsi di una serie di fattori ambientali, sociali e culturali che erano in grado di influire sulla mente dell’uomo e per reinserirsi nella comunità era necessario che il malato fosse in grado di lavorare, avere relazioni, ecc. Con lo sviluppo delle neuroscienze i farmaci che gli psichiatri hanno a disposizione accrescono le possibilità di cura anche per i disturbi più gravi, ma per un pieno recupero funzionale della persona con queste diagnosi occorre anche una piena applicazione della Legge. Libro da leggere e diffondere.
Entrare in un luogo chiuso. Aprire le porte del manicomio. L’operazione è rivoluzionaria, perché sovverte il tradizionale gioco dei ruoli. Il potere del carceriere si dissolve, il recluso si riappropria della propria identità di individuo, ridefinita dall’interno, non più predeterminata dall’inquadramento nella struttura. L’idea di Franco Basaglia era ispirata alla necessità di restituire al “malato di mente” la sua dignità di essere umano, di cittadino, affrancandolo dall’azzeramento della persona, dall’uniformazione protocollare che lo aveva ridotto ad oggetto, a semplice destinatario di cure e di custodia, a soggetto senza diritti. La visione di una via alternativa per il “paziente psichiatrico” si traduce, in queste pagine, in un esperimento concreto, in una discussione tra i protagonisti della sua realizzazione, in un problema pratico che, nella sua complessità, è anche un terreno di sfida, di esplorazione, di confronto. Le trascrizioni degli interventi delle assemblee di reparto ci portano dentro ad un mondo che, abituato ad esistere come una realtà separata dal resto, fa fatica a pensarsi come parte della società, come luogo in cui vige la libertà di scelta, e tutto può essere messo in discussione. Se le testimonianze presentate, da un lato, ci propongono il cambiamento come inevitabile, dall’altro ci dimostrano gli enormi ostacoli naturalmente insiti nella sua provocatoria contraddittorietà. L’inclusione è un dovere morale, ma la diversità continuerà a sottrarsi ad ogni logica e disciplina, mettendo in crisi il sistema della convivenza. Ciò che è splendidamente giusto, può, nei fatti, rivelarsi maledettamente difficile. Eppure, nonostante tutto, ci si può credere ancora.
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