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Anno edizione: 2013
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L'autore ascrive alla sofistica l'idea giuridica del relativismo normativo ed esalta l'artificosità dei sofisti come l'archetipo del positivismo giuridico, il superamento della ideologia mitica del diritto naturale. Ad essa il merito di fonte della rivoluzione assiomatica del diritto positivo che sostituì nella concezione giuridica della grecità l'idea mitica di una legge naturale con l'idea positiva di una norma iuris misurata per le esigenze della polis non per miti radicati in una idea di natura che andava negata per accedere alla modernità del diritto. Tuttavia la frattura fra l'ideologia giusnaturalistica propria di un mondo tribale nel quale la coalescenza fra pensiero ed essere risolveva le categorie della esperienza giuridica in una idea prelogica ed intuitiva non è dei sofisti, è di Socrate; sua è l'idea del superamento metafisico nella assiomatica giuridica come risposta etica ed intellettuale alla amoralità del relativismo sofistico. Il positivismo giuridico rivendicato da Irti come il diritto della Ragione è una categoria del razionalismo e quindi della gnoseologia propriamente socratica negatoria della idea stessa di natura come dimensione intelligente e morale. La morale deve avere fondamento nella norma positiva, non in un mondo selvaggio e temibile che conserva una bestialità inconcepibile per un sistema normativo sociale, buona solo per le metafore irrazionalistiche di Nietzsche non certo per un progetto sociale. In diritto Socrate esprime la stessa rivoluzione razionale che Euclide compie in matematica assiomatizzando il carattere positivo e non naturale della norma iuris così come il grande geometra della grecità ordinò con leggi e principii immutabili l'assiomatica dello spazio e della sua misura razionale. La possibilità di un diritto occidentale e cioè razionale e positivo come lo volle Kelsen resta quindi pur sempre legata alla figura che più d'ogni altro negò all'idea di natura dignità metafisica nella teoresi dell'intelligenza pura.
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