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Il latinista Luca Canali ha voluto intitolare "Lampi" la sua ultima raccolta di versi:lampi che squarciano il buio,illuminazioni repentine e abbaglianti come dovrebbero essere le poesie, quando si avvicinano alla perfezione. Il volume si divide in due sezioni:"Gente" e "Ich", quasi che la presunzione di dire io in italiano,e quindi di un'autoaffermazione, venga mitigata dalla traduzione tedesca. E infatti il poeta non si mette in primo piano: sotto la sua lente acuta e disincantata stanno persone e oggetti,paesaggi periferici e urbani,animali e vegetazione. Tutti amaramente costretti a un destino di disfacimento,di rassegnata estinzione(farfalle e umili edere,pie donne in processione e prostitute disfatte, città stravolte dal traffico disumano e campagne violentate dal degrado): ogni cosa è soggetta a una dura legge di consunzione("primato/genetico della casualità").Non si salvano le notti,con cani che latrano infelici; né le estati canicolari e neppure il Natale. Tutto è sottomesso a una necessità crudele e matrigna,che rende caduca e banale ogni esistenza. Non si salva la storia quotidiana,fatta di violenza e abusi,e neanche il sesso riesce ad assumere una sua gioiosa,liberatoria consistenza,invece acquista una sembianza quasi animalesca,volgare.I giovani non sono guardati con invidia o clemenza dall'anziano poeta, ma con burbera severità: si respira un'aria di risentito sospetto verso ogni manifestazione vitale.Eppure i momenti di grazia esistono,rari, ma "quasi perfetti",e nascono da un'inattesa e insperata contemplazione di un prato,di bambini che giocano,di cieli infuocati. E nella poesia provengono da rime improvvise che addolciscono il ritmo serrato delle composizioni,dalla constatazione che la vita non si riduce a impressioni di negatività o puro sconforto: il varco,la salvezza può presentarsi in un lampo minimo:"rimango/-il mozzicone acceso-ad ascoltare/cadere in terra la cenere/con la stessa dolcezza di queste/carezze alle tenebre.."
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