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Una critica alla mercificazione del lavoro. Le opinioni di Gallino sono suffragate da dati e statistiche incontrovertibili, che conferiscono piena dignità scientifica a questo lavoro.
Il sottotitolo del libro, «Contro la flessibilità», esplicita le tesi di fondo dell’Autore a fronte dei mutamenti nel mercato del lavoro mondiale e in considerazione delle progressive esigenze del capitale e della sottrazione dei diritti dei lavoratori, i due attori della lotta di classe – per richiamare il titolo di un altro illuminante saggio di Gallino. Il quale spiega qui con lucidità che la globalizzazione non è figlia del destino cinico e baro né un’evoluzione spontanea; è invece il ridisegno scientifico del capitale che disarticola la grande fabbrica trasformandola in «catena di creazione di valore», un modello reticolare fatto di tante unità produttive interconnesse ma sparse in tutti i continenti e utilizzate in modo discontinuo secondo le necessità del momento. Dunque, la flessibilità dell’uso degli impianti e perciò della manodopera diviene una conseguenza ovvia di questa riorganizzazione industriale su scala globale che proprio in virtù di tale parcellizzazione gode anche del vantaggio di non avere più la controparte sindacale e le sue rivendicazioni, con in aggiunta la possibilità ricattatoria di spostare facilmente capitali e produzione nei paesi dove le condizioni salariali e normative dei lavoratori sono peggiori e pertanto assicurano un margine di profitto maggiore; tutte cose spacciate per “modernità” ma che hanno riportato indietro l’orologio della Storia. Nonostante le raccomandazioni del trattato di Lisbona – puntare a una crescita sostenibile aumentando i posti di lavoro e la loro qualità – il quadro descritto da Gallino va invece in direzione di una sempre maggiore precarizzazione del lavoro che mortifica la dignità dei lavoratori e genera in loro ansia e incertezza per il presente e preoccupazioni per l’avvenire frustrando così progetti di vita, oltre a essere una possibile causa di patologie psicofisiche, una formidabile spinta all’antipolitica e al qualunquismo e un fattore di disgregazione sociale.
Con il sottotitolo “Contro la flessibilità”, Luciano Gallino, sociologo torinese, pubblica nel 2007 questo interessante saggio fin troppo chiaro fin dal titolo. L'autore analizza la situazione e smonta, anche a suon di cifre, il paradigma che più flessibilità significa inequivocabilmente più lavoro. Analizza poi il nuovo mantra chiamato flessicurezza, anch'essa molto poco fattibile, almeno nel nostro paese e che rappresenta più una pezza al problema, che una soluzione.
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