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Una bella e originale storia, in cui i sommessi prodromi si annunciano negli inspiegabili timori di un vecchio e di un fanciullo (l'io narrante del prologo) prende forma e si sviluppa quasi ossessivamente nell'arco di oltre un secolo, quale trascorre dalla costruzione del faro, che è anche stazione semaforica e presidio della Marina, fino alla sua riduzione a fanale automatizzato. Passano sullo scenario di un promontorio isolato e deserto, dal quale il più vicino gruppo di case abitate da pastori e boscaioli è distante decine di chilometri di strada sterrata ed impervia, vicende di navi e corsari barbareschi (o forse banditi di casa) storie di guardiani infedeli e di guardiani eroi del mare, di capitani avventurosi e di appassionate amanti, di torri e corruschi edifici in pietra che nel dipanarsi fumoso della leggenda mostrano un'anima e una volontà ora salvifica, ora terribile nella vendetta per un torto fatto dall'uomo alla natura incorrotta del mare, delle scogliere, delle piante e dei cieli e di tutte le creature che ivi regnano in meravigliosa, quasi crudele innocenza. Proprio perché è una leggenda tutto ha un'anima e un carattere, non solo gli uomini , capitani o cors ari o militari o donne o bambini o guardiani del faro,del mare, dell'infinito. Così parlano, sorridono, accettano o respingono gli alberi, le rocce, le stelle,le pietre della torre e il fascio di luce che la notte , da sempre, quattro lampi e una eclisse ogni undici secondi, segnano ai naviganti il cammino fecondo sulle grandi acque. Tutto parla e ammonisce, in questa leggenda: non solo il corno da nebbia il cui cupo muggito, nelle paurose notti in cui tutto sparisce nel lattiginoso addensarsi della foschia, avvisa il marinaio che non vede di stare lontano dagli aguzzi spuntoni delle rocce, e lo invita a far risuonare i segnali della sua nave per avvisare anche gli altri ciechi viandanti del mare... Lo consiglio ai veri amanti del mare.
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