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L'ho considerato come una manovra di avvicinamento a Turgenev di cui non ho ancora letto niente, ma già comprato qualcosa. Di Trevor mai letto niente né comprato niente: due piccioni con una fava. Credevo. Di Turgenev neanche l'ombra, almeno fino alle prime settanta pagine. Protagoniste femmine da gineceo che all'inizio mi hanno ricordato, pur non avendoli letti, Piccole donne e relativa crescita, o che so, Persuasion Pride&Prejudice Sense&Sensibility Emma, persino Cenerentola con annesse 'sorellastre' e via di seguito, che quasi mi viene un coccolone. Continuo a leggere, nonostante la noia in agguato, non so perché. Forse avevo solo voglia di annoiarmi un po', o forse perché Trevor è un irlandese contemporaneo; se fosse stato un'americana ottocentesca o una britannica neoclassica, non l'avrei nemmeno aperto: posso rinunciare a qualcosa ogni tanto, ma raramente ai miei pregiudizi. Comunque, la pazienza non è il mio forte e, a pagina 74, soccombo - Slán agat (so long), Trevor!
Forse «Reading Turgenev» (1991, a suo tempo pubblicato insieme a «My House in Umbria») è il miglior romanzo di Trevor fra quelli finora tradotti da Guanda, non a caso fu finalista al Booker Prize. Nel libro si intrecciano una componente bovarista e una beckettiana. Quella bovarista riguarda la psicologia di Mary Louise, pavida ragazzotta cattolica che sposa un uomo che ha il doppio della sua età solo perché «volevo vivere in città [e] credevo che nessun altro avrebbe voluto sposarmi» (p. 116). Questa unione nata male non fa che peggiorare a causa del dispotismo domestico delle due acidissime sorelle del marito, e così Mary Louise si ritaglia un mondo separato in cui il cugino Robert diventa l'equivalente dei due amanti di Emma Bovary, col valore aggiunto di morire presto e non poter così ostacolare la deriva schizofrenica della donna. Ma dall'altro alto c'è una componente beckettiana che spinge Mary Louise a fare in modo che la tana in cui si è rifugiata risulti sigillata abbastanza bene da evitare che il mondo esterno riesca a farla saltare. Perciò non c'è alcuna pulsione suicida; anzi, la dissociazione della donna diventa la barriera da lei usata per tenere a distanza l'orrore che la circonda e sopravvivere ai suoi nemici. Mancano così inutili eccessi patetici che sono invece presenti in altri romanzi di Trevor, e ne vien fuori un lavoro in cui la lettura è concepita come arma sia di difesa che di attacco.
ben scritto ed emozionante. coinvolge così tanto che si impazzisce (o si rinsavisce?) insieme a mary louise, pagina dopo pagina.
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