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La lettera di Pascal. Storia dell'equazione che ha fondato la teoria della probabilità - Keith Devlin - copertina
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La lettera di Pascal. Storia dell'equazione che ha fondato la teoria della probabilità - Keith Devlin - copertina
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Descrizione


"Vorrei ora esporvi per intero il mio ragionamento, aspettandomi che mi facciate il favore di correggermi se sono in errore." Con queste parole Blaise Pascal, in una lettera all'amico Pierre de Fermat, si addentrava il 24 agosto 1654 in un affascinante labirinto concettuale: il cosiddetto problema del gioco incompiuto. La questione è semplice: se una partita a dadi viene interrotta prima che uno dei due giocatori vinca, come va suddivisa la posta? Ma questo rompicapo teneva da sempre in scacco illustri studiosi, alcuni dei quali, come il matematico italiano Niccolò Tartaglia, l'avevano ritenuto addirittura insolubile. Perché la risposta è banale solo in apparenza: basta dividere il premio in base alle probabilità di successo dei giocatori. Ma questo significa conoscere le effettive chance di entrambi i partecipanti, cioè azzardare una previsione su base logica. Fu così che due tra i maggiori intellettuali dell'epoca avviarono la rivoluzione concettuale che spostò il futuro dal regno dell'imponderabile divino a quello del determinismo umano. Era nata la teoria della probabilità. Addentrandosi con garbo, humour e molta curiosità nei paradossi della matematica, Keith Devlin ripercorre la corrispondenza fra Pascal e Fermat e ricostruisce le tappe della loro straordinaria scoperta. Ne indaga intanto le mille applicazioni nella vita moderna: dalle vincite al Lotto al calcolo dell'aspettativa di vita, dai premi assicurativi alla speculazione in Borsa.
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Dettagli

2008
19 novembre 2008
228 p., Rilegato
9788817025928

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marino
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Un ottimo libro di divulgazione: l'argomento (la probabilita' finita) e' legato al gioco d'azzardo, e' abbastanza elementare (ma non semplice!) da evitare tecnicismi ed ha una bella cornice storica nel carteggio tra Fermat e Pascal, i due grandi matematici del XVII secolo padri fondatori della probabilita'.

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La recensione di IBS

Un quesito che si rincorre nel corso dei secoli e vede impegnate le menti più brillanti di mezza Europa. Nel 1494 Luca Pacioli lo formulerà per la prima volta nella sua opera Summa de aritmetica, geometria, proportioni e proportionalita, ma sembra che l'origine del rompicapo sia ancora più antica. La domanda è: in che modo due giocatori di dadi dovrebbero spartirsi la posta, qualora fosse necessario abbandonare prima del termine una partita suddivisa in più mani? Noto come il "problema del gioco incompiuto", tale rompicapo attraverserà parecchi secoli senza trovare soluzione e vedrà arrovellarsi i più noti pensatori sulla stessa questione: se la partita viene interrotta quando i due giocatori sono pari, cioè hanno vinto una mano ciascuna su cinque o due mani su cinque, allora la posta verrà divisa in parti uguali, ma se viene interrotta quando uno dei due è in vantaggio? E se non si trattasse di due giocatori ma di più giocatori?
In questo caso dividere la posta in palio prima del tempo significa calcolare le chance di vittoria di ogni giocatore, ovvero scommettere sulla probabilità che ciascuno ne esca vincitore. Dunque è facile comprendere come la soluzione del quesito, ritenuto a lungo insolubile anche da illustri matematici come Tartaglia, sia un evento fondamentale per l'evoluzione delle scienze moderne: prima che Pascal e Fermat procedessero alle loro elaborazioni, parlare di calcolo delle probabilità era impensabile: il futuro era condizionato totalmente dalla fatalità.
Fu necessario attendere gli anni del razionalismo, ovvero il 1600, perché uno dei maggiori scienziati e filosofi francesi, Blaise Pascal, decidesse di cimentarsi con la soluzione del rompicapo. Bambino prodigio, matematico autodidatta, inventore della prima rudimentale macchina calcolatrice, il giovane Pascal aveva sviluppato un sistema di calcolo basato sul "metodo ricorsivo", cioè sulla presenza in una serie numerica di alcune cifre ricorrenti. Interrogato da un noto giocatore d'azzardo, Antoine Gombaud, sul problema dei giochi incompiuti, Pascal, non troppo convinto del suo metodo, interpellò il più noto matematico francese, Pierre de Fermat. Avvocato di professione e matematico per diletto, Fermat era balzato agli onori delle cronache a causa del suo teorema considerato da tutti indimostrabile, un'equazione che impegnerà i maggiori matematici del mondo e che solo nel 1994 verrà risolta dal matematico inglese Andrew Wiles.
Per la stima che nutre nei confronti dell'illustre studioso, il 24 agosto 1654 Blaise Pascal scrive a Fermat un documento preziosissimo, una lettera in cui in poche frasi vengono gettate le basi per l'attuale calcolo probabilistico e per lo sviluppo della statistica moderna.
Tre secoli dopo quello scambio epistolare, l'uomo avrebbe saputo calcolare con quale probabilità numerica un determinato evento sarebbe potuto accadere. Di fatto Pascal e Fermat ci hanno insegnato a gestire il rischio, cioè a conoscere in anticipo lo scenario futuro delle decisioni attuali, consentendoci di scommettere sulla realizzazione di un evento (come quando si gioca in borsa) o al contrario sulla non realizzazione (come quando una compagnia stipula una polizza assicurativa).
In questo agile saggio di Keith Devlin, noto divulgatore scientifico e docente a Stanford, non solo verranno rivelati gli entusiasmanti retroscena storici e biografici alla base degli studi dei due noti scienziati, ma si potrà cogliere lo spirito e l'atmosfera del Seicento francese. Respireremo il fermento che prelude al secolo dei Lumi, seguiremo le tortuose vicende attraverso cui la ragione e il metodo scientifico vedranno la loro definiva affermazione sulla superstizione e sulla fede.

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Conosci l'autore

Keith Devlin

Keith Devlin è uno dei più noti divulgatori della matematica del nostro tempo, tanto da essere il «Math Guy» del programma radiofonico della NPR, al quale partecipa dal 1995. Direttore e fondatore del Human-Sciences and Technologies Advanced Research Institute (H-STAR) presso la Stanford University, insegna al Center for the Study of Language and Information della stessa università. Autore di decine di libri divulgativi, oltre che di volumi e articoli specialistici, presso Bollati Boringhieri ha pubblicato Il linguaggio della matematica. Rendere visibile l?invisibile (2003) e Dove va la matematica (2013).

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