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Un ottimo libro di divulgazione: l'argomento (la probabilita' finita) e' legato al gioco d'azzardo, e' abbastanza elementare (ma non semplice!) da evitare tecnicismi ed ha una bella cornice storica nel carteggio tra Fermat e Pascal, i due grandi matematici del XVII secolo padri fondatori della probabilita'.
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Un quesito che si rincorre nel corso dei secoli e vede impegnate le menti più brillanti di mezza Europa. Nel 1494 Luca Pacioli lo formulerà per la prima volta nella sua opera Summa de aritmetica, geometria, proportioni e proportionalita, ma sembra che l'origine del rompicapo sia ancora più antica. La domanda è: in che modo due giocatori di dadi dovrebbero spartirsi la posta, qualora fosse necessario abbandonare prima del termine una partita suddivisa in più mani? Noto come il "problema del gioco incompiuto", tale rompicapo attraverserà parecchi secoli senza trovare soluzione e vedrà arrovellarsi i più noti pensatori sulla stessa questione: se la partita viene interrotta quando i due giocatori sono pari, cioè hanno vinto una mano ciascuna su cinque o due mani su cinque, allora la posta verrà divisa in parti uguali, ma se viene interrotta quando uno dei due è in vantaggio? E se non si trattasse di due giocatori ma di più giocatori?
In questo caso dividere la posta in palio prima del tempo significa calcolare le chance di vittoria di ogni giocatore, ovvero scommettere sulla probabilità che ciascuno ne esca vincitore. Dunque è facile comprendere come la soluzione del quesito, ritenuto a lungo insolubile anche da illustri matematici come Tartaglia, sia un evento fondamentale per l'evoluzione delle scienze moderne: prima che Pascal e Fermat procedessero alle loro elaborazioni, parlare di calcolo delle probabilità era impensabile: il futuro era condizionato totalmente dalla fatalità.
Fu necessario attendere gli anni del razionalismo, ovvero il 1600, perché uno dei maggiori scienziati e filosofi francesi, Blaise Pascal, decidesse di cimentarsi con la soluzione del rompicapo. Bambino prodigio, matematico autodidatta, inventore della prima rudimentale macchina calcolatrice, il giovane Pascal aveva sviluppato un sistema di calcolo basato sul "metodo ricorsivo", cioè sulla presenza in una serie numerica di alcune cifre ricorrenti. Interrogato da un noto giocatore d'azzardo, Antoine Gombaud, sul problema dei giochi incompiuti, Pascal, non troppo convinto del suo metodo, interpellò il più noto matematico francese, Pierre de Fermat. Avvocato di professione e matematico per diletto, Fermat era balzato agli onori delle cronache a causa del suo teorema considerato da tutti indimostrabile, un'equazione che impegnerà i maggiori matematici del mondo e che solo nel 1994 verrà risolta dal matematico inglese Andrew Wiles.
Per la stima che nutre nei confronti dell'illustre studioso, il 24 agosto 1654 Blaise Pascal scrive a Fermat un documento preziosissimo, una lettera in cui in poche frasi vengono gettate le basi per l'attuale calcolo probabilistico e per lo sviluppo della statistica moderna.
Tre secoli dopo quello scambio epistolare, l'uomo avrebbe saputo calcolare con quale probabilità numerica un determinato evento sarebbe potuto accadere. Di fatto Pascal e Fermat ci hanno insegnato a gestire il rischio, cioè a conoscere in anticipo lo scenario futuro delle decisioni attuali, consentendoci di scommettere sulla realizzazione di un evento (come quando si gioca in borsa) o al contrario sulla non realizzazione (come quando una compagnia stipula una polizza assicurativa).
In questo agile saggio di Keith Devlin, noto divulgatore scientifico e docente a Stanford, non solo verranno rivelati gli entusiasmanti retroscena storici e biografici alla base degli studi dei due noti scienziati, ma si potrà cogliere lo spirito e l'atmosfera del Seicento francese. Respireremo il fermento che prelude al secolo dei Lumi, seguiremo le tortuose vicende attraverso cui la ragione e il metodo scientifico vedranno la loro definiva affermazione sulla superstizione e sulla fede.
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