Antoine de Saint-Exupéry è uno scrittore originalissimo: incanta, e non emoziona violentemente. La ‘visione’ narrativa, confermata in tutte le sue opere, è ben delineata in questo libro: “Non bisogna imparare a scrivere, ma a vedere. Scrivere è una conseguenza”; visione che torna stupendamente nelle parole poetiche de Il piccolo principe: “Non si vede bene che con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi”. Il suo è dunque l’elogio a una lingua viva, a una meravigliosa semplicità che si imprime nell’anima, che ‘vede’ con occhi nuovi e sorprendenti la vera vita, e che ne ha nostalgia, come scrive Claudio Segat nella sua bella postfazione.
In Lettere a una giovane amica l’Autore si mostra vigile e lieve, acuto e dolcissimo; queste lettere, impalpabili e sapienziali, rivelano una tenerezza indicibile, il bisogno di un affetto che va oltre i sensi, insieme a una capacità psicologica che capta verità scomode e a una tensione esistenziale molto evidente. Scritte tra il 1923 e il 1931, sono indirizzate a Rinette, la giovane amica realmente presente nella sua vita con una soffice noncuranza, che però Saint-Exupéry sogna, ‘inventa’, ricrea splendidamente: “È forse proprio perché La invento che tengo così tanto a Lei”.
L'amore che il grande narratore de Il piccolo principe dimostra è incessante, ma anche un po’ astuto nella sua mite penetrante ironia; limpidamente giocoso e sincero. Si tratta di un affetto, accidentato e sublime, che vola, pur nel contesto delle piccole quotidianità, al di sopra dell’esistenza ordinaria, e per questo mantiene il suo intangibile fascino di verità. Levità e pensiero, festosità e saggezza che incalza, rimangono i poli della sua impareggiabile narrativa; Saint-Exupéry è trasparente e adamantino, ma anche ammiccante, perfino corrosivo e crudo come nel celebre, terribile giudizio che dà del teatro di Pirandello: “Pirandello fa una bella insalata russa con i diversi significati della parola ‘verità’, e io mi rifiuto di trovare ciò interessante”, perché Saint-Exupéry, inarrivabile nel suo genere, è uno scrittore – si ha timore a dirlo – che possiede una visione del mondo teologica, religiosa; in definitiva cattolica, ma resa con l’incanto della poesia.
Lettere a una giovane amica invera e trasmette la felicità del narrare: Saint-Exupéry non la descrive, non vi filosofeggia; la porge ai lettori con tutta la sua magnificente naturalezza. Da qui la fascinazione, anche estrosa, della creatura Rinette, che prende vita dalla bellezza e dalla grazia artistica dell’Autore. Rinette non è Laura, non è Beatrice: è una donna dei nostri tempi, innalzata dall’immaginazione delicata e superlativa di un amore che è profondo e insieme tormentato, pur nella sua soavità.
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