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La Grande Crisi Finanziaria e la pandemia hanno provocato la crisi della narrativa neoliberista. Esiste una strada per una nuova narrativa in grado di rafforzare la democrazia, ridurre le diseguaglianze e tenere assieme la libertà economica e il benessere dei cittadini? Per Salvati e Dilmore questa strada esiste ed è quella di un liberalismo inclusivo. Espressione insolita nel mondo della sinistra, anche se l'obiettivo che indica è ben noto: l'aspirazione a tenere uniti gli aspetti più desiderabili di una concezione liberale e di una socialista.
La crisi economica del 2008 e poi la pandemia hanno destabilizzato la società e il sistema economico neoliberisti. Ci siamo così ritrovati a vivere in un interregno. E, come scrisse Gramsci nei Quaderni dal carcere, in un interregno nel quale il vecchio è moribondo, ma il nuovo non riesce a nascere, possono verificarsi i "fenomeni morbosi più svariati": per esempio l'ascesa di forze e movimenti etno-nazionalisti quali il trumpismo. Secondo Salvati e Dilmore, recenti sviluppi politici, economici e culturali stanno (forse) creando le condizioni per porre termine a questo interregno e aprire una nuova fase nella storia del capitalismo nei Paesi avanzati. Come per altre fasi stabili del capitalismo, i confini tra stato e settore privato, tra efficienza/inefficienza dei mercati e sostenibilità sociale e ambientale dovranno essere ridefiniti per fornire una risposta alla tensione permanente, ora sotterranea, ora esplosiva, fra la libertà economica e l'esigenza di assicurare al più gran numero di cittadini le migliori condizioni di benessere. Questa tensione ha definito tutta la storia del capitalismo nei regimi politici liberaldemocratici e ne ha articolato le grandi narrative. Davanti a noi abbiamo un nuovo decennio e la responsabilità di trovare una nuova narrativa per una nuova era. Questo è un libro politico scritto da due economisti e ha l'urgenza di una scommessa che può essere vinta.
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